lunedì, Aprile 29, 2024
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Inchiesta A bordo del battello della Navigarda su e giù per porti e paesi

Una giornata in mezzo al lago

Avanti adagio, orizzonte limpido, tutto tranquillo. Così sembra. «In realtà qui il pericolo è sempre in agguato e bisogna stare all’erta»: parla Luciano Calabresi, camicia azzurra e berretto bianco, comandante del piroscafo Baldo, vecchia gloria della flotta Navigarda, salpato da Peschiera. Ruota con delicatezza il vecchio timone di legno e dalla plancia di comando, con un colpo d’occhio, riesce ad accostare al molo, questo bestione di 151 tonnellate come faremmo noi con la Cinquecento nel parcheggio sotto casa. Dietro a lui, seduti sulle poltroncine in plastica, centinaia di turisti si godono le crociere d’agosto. C’è bonaccia e il lago è piatto come una tavola. Ma anche se il clima africano ispirerebbe più una pennichella, lui, il capitano, continua a spaziare l’orizzonte con lo sguardo del falco. Eppure sembra tutto uguale. Azzurro sotto, azzurro sopra. Le barche lontane, lo spazio infinito. «Mica vero, qui non siamo in autostrada, con le corsie, i semafori, i segnali bianchi dipinti sull’asfalto», corregge Calabresi che andrà in pensione fra poco più di un mese, dopo trent’anni di onorato servizio. E aggiunge: «Qui serve sempre la massima attenzione perché l’imprevisto può presentarsi da un momento all’altro». Un navigatore distratto, un windsurf dispettoso, una barca che lancia la sfida al battello di linea, così, tanto per fare una bravata. «Non tutti sono responsabili e molti vanno per lago come fossero in città, come guidassero la propria auto, però qui non ci sono i freni e se sterzi (lui dice «viri») l’effetto non è immediato, ma si avverte dopo un po’. Dunque, serve grande attenzione e massima prudenza». Soprattutto con le due ammiraglie della flotta, lo Zanardelli, classe 1903, e l’Italia del 1908, entrambi più vecchi del Titanic che era del 1912. L’affitta barche Anc he Gianni Olivetti, che affitta imbarcazioni all’imbarcadero, raccomanda di stare svegli ai navigatori improvvisati. Con 140 euro affida loro per mezza giornata un bel motoscafo a motore, pieno di benzina. Oppure, per spendere meno, ne bastano 50 e sei persone possono godersela per un’ora. La patente nautica, la licenza, il brevetto? Non serve niente di niente. Basta consegnare un documento d’identità, salire e via, tutti diventano lupi di lago. Mai avuto problemi coi turisti da diporto? «Fortunatamente no», risponde Olivetti, «anche perché se ci sono difficoltà i clienti possono chiamarmi con il telefonino». Sarà il caso, ma non passa nemmeno un minuto e rientra un tedesco appena partito. Torna indietro, accosta al molo. «Che succede?», chiede Gianni. «Mottore fibbrare comme arroplano», lamenta il cliente, rubizzo in volto. Colpa delle eliche macinate dalle secche, contro il fondale o su qualche scoglio. «È il problema di quest’estate: lago basso, eliche in frantumi. Alla Navigarda dicono che ormai siamo a quota 29 centimetri sotto il livello». E i turisti? «Effettivamente quest’anno ci sono più olandesi e belgi, tedeschi pochini», risponde Gianni, «ma secondo me la gaffe di Berlusconi non c’entra nulla. I tedeschi hanno già i loro problemi da risolvere senza inventarne di nuovi. In ogni caso gli italiani, scusate il campanilismo, restano sempre i clienti migliori». Intanto nel porticciolo la fila s’ingrossa davanti alla biglietteria, un baracchino a due passi dall’attracco. Solo che dentro non c’è nessuno. Perché mai? «Perché la Navigarda», spiega il bigliettaio che arriva di buon passo venti minuti prima del battello, «per contenere i costi del personale ha delegato questo servizio e collaboratori esterni. Io, ad esempio, ho un contratto di tre anni che mi obbliga ad essere presente in biglietteria solo venti minuti prima dell’arrivo del battello, dell’aliscafo o del catamarano e cinque minuti dopo la loro partenza. Poi me ne posso andare». Informazioni < BR> < IL12> part time Ma se un turista vuole informazioni sui tragitti e le tariffe? Si arrangia. Cerca di interpretare i cartelli improvvisati col pennarello e i pieghevoli azzurri, con la foto del piroscafo Italia che costeggia Punta San Vigilio. Quanto a chiarezza, però, si poteva fare meglio. Perché solo un esperto di enigmistica riesce a destreggiarsi con file di numeri rossi e neri, sigle Sr, Batt, Cat, T. Dove Sr significa servizio rapido, Batt sta per battello, Cat catamarano e T traghetti. Senza tenere conto delle eccezioni, intriganti come trabocchetti, che nelle note a margine spiegano che il pallino nero significa che il traghetto parte un’ora prima, mentre il quadratino rosso che la corsa è anticipata di 30 minuti. Gli stranieri, soprattutto i nordici, raccolgono la sfida. Aprono diligenti il depliant, parlottano, traducono, confrontano. Sembrano colonnelli alle prese con la strategia inviata via cablo dal generale, acquartierato nelle retrovie. E quasi sempre decifrano e soprattutto capiscono. Sembra si divertano a faticare. Anche in vacanza. Francesi, spagnoli e soprattutto italiani sono più pigri. Si spazientiscono subito. Scuote la testa anche la signora Lisa Pasi, veronese, in vacanza sul lago di casa. «Oggi volevo concedermi una giornata in libertà, tutta per me», racconta, «ho sistemato figli e nipoti, poi sono venuta al molo. Volevo tornare al Vittoriale, c’ero stata da ragazza. Avrei tanto voluto visitarlo con calma, da adulta. Ma qui nessuno sa dirmi se il battello c’è o non c’è. Lo sportello è chiuso. E gli orari non li capisco. Mi domando se sarebbe costato davvero molto lasciare l’addetto della compagnia di navigazione disponibile ai turisti per tutta la giornata, almeno in agosto…». Bigliettai solo a ore Co sì com’è, a part-time, assicurando la sua presenza venti minuti prima e cinque minuti dopo, l’addetto guadagna poco più di un m igliaio di euro al mese. Più una percentuale (1 per cento) su ogni biglietto venduto. Il che dovrebbe indurlo a tenere la posizione quanto più possibile. In realtà non sempre è così. Per questo i turisti si domandano se non sarebbe meglio garantire un servizio costante, dal mattino alla sera. «Il rapporto stipulato con i nostri bigliettai è quello dell’assuntoria», spiega l’ingegnere Marcello Coppola, direttore Navigarda, «analogo a quello utilizzato dalle Ferrovie dello Stato con i suoi casellanti». E aggiunge: «Un tempo questo rapporto partiva dalla considerazione che per un residente era facile garantire una certa presenza. Oggi i tempi sono cambiati, c’è molto pendolarismo e tutto diventa più difficile e complicato. Certo, un addetto stabile, otto ore al giorno, sarebbe meglio di un bigliettaio part-time, questo nessuno lo mette in dubbio. Ma le aziende devono fare i conti con i costi. E i costi del personale sono la voce più pesante. La gente deve capire che gestire un’azienda nei momenti di punta non è un gioco da ragazzi». Coppola fa capire che a ferragosto può capitare di viaggiare in piedi su un treno o di fare la fila al casello dell’autostrada perché su dieci caselli solo quattro sono aperti. «È successo anche a me», dice. E aggiunge: «Tutti noi puntiamo a offrire servizi migliori e, proprio per ridurre i disagi ai nostri passeggeri, consentiamo di fare il biglietto a bordo con un modesto sovrapprezzo, appena 80 centesimi, mentre su un treno il sovrapprezzo è di 5 euro». Se poi la situazione è critica, con file lunghe in paziente attesa, il comandante del battello può autorizzare i passeggeri a salire e acquistare il biglietto a bordo senza pagare il sovrapprezzo. In tan to la nave va, direbbe Fellini. E bordeggia i porticcioli, le spiagge ingolfate di turisti, i rami morbidi dei salici piangenti che dondolano sui terrazzi, sui quali si affacciano ospiti in accappatoio bianco. L’origine della navigazione pubblica sul primo lago d’Italia non ha ragioni antichissime. Il primo piroscafo che solcò queste acque fu l’Arciduca Ranieri, 400 quintali di portata, 28 cavalli di potenza, varato il 7 luglio 1827. Tutti gli abitanti dei poveri Comuni benacensi, costretti sino ad allora ad una modesta economia agricola o alla ancora più povera risorsa della pesca, intuirono che i collegamenti quotidiani potevano favorire i commerci ed alimentare, via acqua, quella rete di traffici redditizi, altrimenti difficilmente praticabili. Le strade di allora erano più che altro sentieri e tratturi, percorsi angusti, che richiedevano ore faticose e soleggiate a dorso di mulo. E la nave riprende il largo Le maestranze, assunte a centinaia, contente di poverissime paghe, dovevano essere celermente trasportate. E così pure le mercanzie prodotte, i clienti e gli ispettori in visita, i commercianti. Nasceva dunque per il lago, grazie alla navigazione sulle acque, una nuova e grande opportunità di sviluppo. A volte bisognerebbe ricordarle queste origini, per accogliere meglio i nostri ospiti. Le informazioni sono un esempio. In un paesino della costa veronese, entri nell’ufficio informazioni e trovi montagne di opuscoli, depliant, schede, brochure. Ma dietro il bancone ti senti rispondere con lucido realismo: «Da quando hanno abolito le aziende di promozione turistica mancano essenzialmente tre cose: i collegamenti fra enti diversi, la disponibilità degli impiegati e la professionalità degli operatori. Così i turisti che arrivano vengono lasciati allo sbaraglio». Mica male per il primo lago d’Italia. Nosta lgia delle Apt Tutto è iniziato dal primo gennaio 2002, quando sono state abolite le aziende di promozione turistica. Oggi le competenze di promozione locale sono state rilevate dall’amministrazione provinciale che però può concedere ai Comuni, con apposite convenzioni, di fare da sé. In più ci sono i consorzi, che sono strutture associate alle quali spetta coniugare le esigenze dell’ente pubblico con quelle degli operatori locali. Va a loro anche la promozione su larga scala. Nel veronese i consorzi sono due: Lago Garda è, che ha competenza sul Garda, e Verona tutto intorno per il territorio restante. Come puntualmente capita quando sono in molti ad operare sulla stessa cosa, anche qui i raccordi a volte diventano intermittenti, le collaborazioni s’inceppano. E il turista è confuso. Ma ci vuol poco a ritemprarlo. Il battello punta deciso verso Torri, e costeggia punta San Vigilio, la raffinata villa Guarienti di Brenzone e la romantica Baia delle Sirene. Il primo ad accorgersi che la ragazza è nuda è un olandese. Chissà, forse ritrova l’aria di casa. Chiama la moglie Ruth e punta l’indice della mano sulla baia desnuda, affollata di bagnanti senza costume, nemmeno un tanga, solo pelle color cioccolato. La voce si diffonde in un baleno sul battello che risale dolcemente il lago. I più curiosi sono i passeggeri italiani che corrono a sbirciare e il battello s’inclina leggermente sulla destra per il peso che si sposta improvvisamente tutto da quella parte. «Ogni volta la stessa cosa», sorride un marinaio. Ma è solo un attimo perché la nave corre veloce e le pelli senza veli sono sempre più lontane. C’è già Torri all’orizzonte. E poi Castelletto, Brenzone, Malcesine, con il suo castello che s’insinua nel lago blu. C’è chi scende e sale sul Baldo, con la nuova funivia panoramica, altri continuano verso Limone e Riva. Ma la gran parte cerca un tavolo all’ombra per gustare una buona trota ai ferri, innaffiata con vinello bianco e leggero. C’è anche il tempo per una passeggiata al Castello caro a Goethe. Per tornare verso casa (a Lazise, Bardolino, Garda o Peschiera, i paesi più vicini a Verona) l’ultima corsa partirà alle 17.25. Ma chi l’ha detto che ci vogliono i Caraibi per godersi una crociera?

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