Un risultato oltre ogni aspettativa. Questo il bilancio di una serata rovente, prima per il caldo africano, poi per il calore con cui da un Teatro Romano quasi al completo (circa 1300 presenti sui 1600 posti disponibili) ha salutato l’evento “Una tremenda voglia di vivere” presentazione ufficiale della Fondazione Centri Giovanili Don Mazzi.
Il format scelto per l’evento è stato quello della festa. Una festa calibrata soprattutto sui gusti dei giovani, ma che ha finito per coinvolgere tutti. Una festa riuscita grazie a chi l’ha pensata e realizzata, a chi ha raccolto l’invito di salire sul palco a dare il meglio di sé (Renzo Rubino, L’Aura, Jerry Calà, Finley, Marco Ligabue, Giovanni Vernia, The Sun) e al pubblico numeroso e caloroso.
Il “fare squadra” è infatti il metodo operativo della Fondazione, che non ha la pretesa o la presunzione di poter fare tutto da sola nell’offrire ai giovani spazi di aggregazione, percorsi e progetti basati sulle “quattro ruote educative” di don Mazzi: sport, musica, teatro e volontariato.
“Fare squadra per arrivare prima”, compiendo un salto evolutivo rispetto all’intervento per recuperare situazioni spesso disperate, come ha constatato Exodus nei suoi trent’anni di attività. Per questo, oltre alle iniziative organizzate presso i propri centri sparsi in Italia (dalla Valtellina fino alla Locride), la Fondazione Centri Giovanili va a cercare le situazioni di intervento, per esempio nella scuola e in ambito sportivo. Tanto è già stato fatto, come testimoniato dai video trasmessi nel corso della serata condotta da Max Laudadio con Giovanni Mazzi, direttore della Fondazione. Moltissimo resta ancora da fare. I progetti sono ambiziosi e sollecitano la collaborazione della scuola, delle amministrazioni, del settore imprenditoriale e della Chiesa. L’obiettivo: dare ai giovani un segnale di presenza e speranza, offrire loro situazioni in cui incanalare in modo positivo energie e coltivare talenti, fare capire che c’è qualcuno che si prende cura di loro in un’età che secondo don Mazzi costituisce la vera nascita dell’individuo. “Gli adolescenti non vanno lasciati soli alle prese con cellulari e social network, che pure sono utili” ha detto don Antonio. “L’adolescenza normalmente viene identificata con la sessualità, in realtà è l’età in cui coltivare l’amicizia, che poi può trasformarsi in affettività di coppia”.