sabato, Aprile 27, 2024
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Per quanto riguarda le specie non autoctone, ce ne sono parecchie e stanno mutando l'habitat del lago. Spesso il colpevole della loro presenza è l'uomo.

Dall’Africa l’alga dei fondali gardesani?

Il nome scientifico è «Lagarosiphon major». E’ una pianta acquatica originaria dei laghi del Sudafrica, ha uno stelo lungo, che può raggiungere anche il metro e mezzo d’altezza, con piccole foglie verde smeraldo attaccate a rosetta. Sta lentamente colonizzando i fondali del lago di Garda e, dal 1970 quando è stata segnalata per la prima volta in alcune località, ormai è diffusa dovunque. «E’ una pianta particolarmente vigorosa, si diffonde velocemente, toglie spazio alle piante autoctone e conquista i loro habitat».Daniele Zanini, biologo, insegnante e collaboratore del Museo di Scienze naturali di Verona, ha potuto studiarla da vicino durante il raduno subacqueo internazionale, che si è tenuto ad Assenza di Brenzone. Due giornate a cui hanno partecipato circa 280 sub che si sono alternati in operazioni di pulizia dei fondali. «Per fare qualcosa di nuovo ci è venuta l’idea di chiamare un naturalista che ci spiegasse le caratteristiche della flora e della fauna del Garda», spiega Stefano Agarri Panigutti, responsabile dell’Athos dìving dove si è tenuta la manifestazione. Il materiale raccolto da subacquei, copertoni, bottiglie, lattine, cestelli di lavatrice e perfino scarpe è stato puntualmente studiato da Daniele Zanini.«La tecnica è quella della semeiotica ambientale, una nuova scienza utilizzata da botanici, naturalisti e ambientalisti», spiega. «Come i medici individuano le malattie dai segni, così facciamo noi per definire la qualità di un ambiente. I nostri “segni” sono i cosiddetti bioindicatori, animali o piante specifici che vivono solo in determinate circostanze ambientali».Tra i bioindicatori trovati nei sedimenti raccolti ci sono la «Pyrgula Annulata», un piccolo gasteropode che vive ai 5 ai 10 metri di profondità, e l’«Autostropatamoblus pallites» , o gambero di fiume o d’acqua dolce. «La loro presenza indica che Inacqua è di buona qualità, poco inquinata, ben ossigenata e fredda.».Per quanto riguarda le specie non autoctone, ce ne sono parecchie e stanno mutando l’habitat del lago. Spesso il colpevole della loro presenza è l’uomo. Il «Lagarosiphon» ad esempio è comunemente usato per abbellire gli acquari; un’ipotesi per spiegare la sua presenza è che sia stato gettato in acqua da chi voleva disfarsene e qui abbia trovato l’ambiente ideale per proliferare».Ma il pericolo maggiore è costituito dal gambero americano, comunemente allevato a scopo alimentare. Si distingue da quello d’acqua dolce, che è di colore pallido, per la presenza di macchie rosse sull’addome. «Si tratta di una specie molto forte, non solo compete per il cibo con il gambero d’acqua dolce ma addirittura se ne nutre e in più è particolarmente resistente all’inquinamento. Un’altra specie alloctona, non originaria del Garda, che sta creando danni è la «Drissena polimorfa», un mollusco lamellibranco bivalve, filtratore d’acqua come le cozze. Originario del Mar Caspio è stato ritrovato per la prima volta nelle acque del Benaco nel ’93. Da allora è cresciuto in maniera esponenziale.«Lo si trova dovunque, sui fondali, sulle chiglie delle barche, intasa le prese d’acqua e gli scarichi fognari. Su nove specie di molluschi pescate il 99 per cento era rappresentato dalla «Drissena». Il problema è che qui non ha predatori naturali mentre nel Mar Caspio è il cibo preferito del «Moriglione», un’anatra che se ne nutre abitualmente e così ne contiene lo sviluppo».Oltre a raccogliere il materiale gettato dall’uomo, i sub hanno anche effettuato due carotaggi e prelevato sedimenti in due diverse zone del lago di fronte alla località Assenza. «In uno il terreno era pulito, chiaro ed è quello dove abbiamo trovato anche gli indicatori di buona qualità delle acque. L’altro, invece, era formato da sedimenti sporchi, neri e maleodo-ranti, purtroppo non un buon segnale, Abbiamo trovato anche del «Chironomide», dei ditteri, specie di piccole mosche, di colore rosso che sopravvivono in ambienti anaerobici, privi di ossigeno, e ricchi di sostanze fecali. Sono aumentate anche le alghe filamentose che indicano una maggior presenza di nitrati e fosfati. In alfri termini i nutrienti del lago sono cambiati e questo favorisce la vita di alcune specie vegetali e animali a scapito di altre.»«Tengo a precisare», conclude Zanini, « che resta un’indagine informale sulla base della quale non è possibile dare giudizi. Per stabilire la qualità delle acque bisognerebbe, utilizzare la semiotica ambientale, ma anche effettuare analisi chimiche e batteriologiche soprattutto in tutto il lago e non solo in una piccola porzione di esso».

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