giovedì, Ottobre 10, 2024
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Si torna alla normalità dopo il maxi smottamento. Un geologo avverte: si è costruito in maniera sbagliata

Frane figlie del fuoco e del cemento

I limonesi hanno passato la giornata con gli occhi verso il cielo. Il maltempo faceva temere ulteriori frane nel canalone sopra l’hotel «Panorama», che nella notte fra mercoledì e giovedì aveva scaricato nel parcheggio dell’albergo 12-13 mila metri cubi di ghiaia, sfiorando la statale «Gardesana» e seppellendo una decina di auto di turisti tedeschi e belgi. Fortunatamente ieri non ci sono stati altri smottamenti, per cui è stato possibile completare la pulizia del piazzale sommerso dai detriti. Risolto anche il problema dell’acqua potabile, che impensieriva amministratori e operatori turistici, oltre, naturalmente, ai residenti, in considerazione dei danni registrati in prossimità del serbatoio di captazione nella Valle del Singol, dove scorre il torrente San Giovanni. «Non abbiamo avuto danni – precisa il sindaco Giambattista Martinelli – ma qualche problema al sistema informatico computerizzato. Le cose adesso vanno bene e un’impresa ha sistemato la strada. La notte scorsa non si sono aggiunti altri disastri e i temporali che si sono abbattuti sulla zona non hanno avuto serie conseguenze, com’era accaduto la notte precedente». Sul fronte del canalone, «stiamo lavorando per la messa in sicurezza, ben sapendo che di fronte a una pioggia eccezionale c’è poco da fare, anche perché è stata messa a punto solamente la prima parte dell’intervento di riparo e manca la seconda parte, relativa alla parte più in alto». Prospettive sulla conclusione del lavoro a riparo del canalone e sui costi? «Ci rivolgeremo alla Regione perché si termini la messa a punto di quanto già iniziato e chiederemo anche un finanziamento. I costi dei lavori dovrebbero aggirarsi sul mezzo miliardo, e quanto accaduto dovrebbe configurarsi come una calamità naturale». Martinelli conferma che, fino a ieri, non erano state emanate ordinanze di sgombero di nessuna struttura ricettiva (a rischio parevano essere soprattutto le «Limonaie»), ma che «qualche cameriere è stato invitato ad abbandonare la propria camera e ad andare a dormire altrove. Comunque, per il futuro, bisognerà limitare anche la capienza del parcheggio che è stato seppellito dalla sabbia caduta dal canalone. Si perderanno 8-10 posti auto, ma sarebbe meglio non utilizzarlo». A fronte dell’ennesimo smottamento, che va a sommarsi ai molteplici che si sono susseguiti negli ultimi anni, specie in seguito all’incendio del 1997, qualcuno avanza anche qualche analisi più approfondita. Non è, infatti, possibile imputare alla sola natura la colpa di quanto è avvenuto in questi ultimi anni, e neppure ci si può limitare a sottolineare alcuni gravissimi danni che sono stati favoriti dall’eliminazione degli alberi a seguito degli incendi. Vincenzo Ceschini, geologo di Riva, conosce la zona come le sue tasche, e l’incarico politico di vice presidente della Comunità del Garda, unito alla professione che svolge, gli consentono una indagine approfondita di quanto va succedendo. «In gergo tecnico accade un fenomeno che noi definiamo debris-flow. Purtroppo, tutta quella zona è a rischio, perché le colate di materiale detritico si accumulano stabilmente nei canaloni. Lo scarico verso valle viene indubbiamente facilitato a fronte di precipitazioni violente, che scaricano anche 300 millimetri di acqua all’ora. Si verifica un fenomeno per il quale l’acqua fa “galleggiare” i materiali, che scivolano a valle. «A volte capita che i detriti trovino delle costruzioni sulla loro strada, proprio sulla linea di scorrimento dei canaloni. Resta da chiedersi come sia stato possibile fabbricare in aree a rischio come queste. Probabilmente ciò è dovuto alla mancanza – a suo tempo – di piani urbanistici che, una volta istituiti, hanno invece interdetto l’edificazione in zone come quelle a rischio». Perché si verificano con frequenza questi episodi e perché proprio adesso? «Si tratta di fenomeni che possono accadere ogni 50-60 anni e, fino a qualche anno fa, erano stati sporadici o addirittura assenti. Ma la pioggia violenta, aggiunta all’opera devastatrice degli incendi e alla conseguente mancanza di alberi, ha fatto il resto: in pratica il materiale non trova barriere che lo fermino e diviene, come diciamo noi, mobilizzabile». Ci sono rimedi ad una situazione del genere, che affonda le sue radici in scelte edificatorie discutibili? «I rimedi servono se si interviene per intero sulla zona a rischio, specie su quella più in alto, il cosiddetto bacino di accumulo. Nel caso accaduto in questi giorni a Limone, ad esempio, bisognava intervenire anche la parte di canalone più in alto mentre, per qualche motivo, l’intervento è stato fatto solo nella parte bassa e quindi non concluso. Servono briglie, gradoni per ridurre o eliminare il rischio. Lo può dimostrare il fatto che nella parte medio-terminale l’intervento approntato ha resistito». Il geologo aggiunge un’altra considerazione, secondo la quale «per prudenza, almeno la parte del piazzale di fronte all’albergo “Panorama” (quella verso monte) dovrebbe essere interdetta alla funzione di parcheggio».

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