mercoledì, Dicembre 6, 2023
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Gli ultimi eremiti camaldolesi della Rocca

«Va a farte benedir dai frati!». Non è raro sen­tir­lo echeg­gia­re per le vie di Gar­da, al cul­mine di qualche acce­sa dis­cus­sione. «L’è mèi che te te fàsse benedir dai frati» si sug­gerisce invece a chi incap­pa in una serie di dis­avven­ture. I frati chia­mati in causa sono i camal­dole­si del­la Roc­ca. O meglio, del­l’er­e­mo di monte San Gior­gio, come sarebbe gius­to definir­lo. Oggi sono monaci: han­no con­tat­to con l’ester­no, offrono servizio alle comu­nità locali, ricevono fedeli in cer­ca di momen­ti di spir­i­tu­al­ità. Fino a pochi anni fa c’er­a­no invece gli eremi­ti: vita di clausura e ingres­so vieta­to alle donne. A vio­lare la clausura fu soltan­to Alessan­dra di Rud­inì, impreved­i­bile e focosa amante di D’An­nun­zio, che entrò trav­es­ti­ta da cav­a­liere, qua­si un pre­an­nun­cio di quel­la che sarebbe sta­ta la sua scelta finale: far­si suo­ra, in Fran­cia. I bianchi eremi­ti del­la Roc­ca sono pro­tag­o­nisti da domani sino alla fine del mese di una mostra fotografi­ca di Pietro Bas­so. È allesti­ta al Foto Fix, lo spazio ded­i­ca­to alla pres­so il bar Riv­iera, sul lun­go­la­go. «Frati eremi­ti sul­la Roc­ca di Gar­da» s’in­ti­to­la la per­son­ale di Bas­so, che mili­ta nelle fila del cir­co­lo fotografi­co Cit­tà di Gar­da, atti­vo in paese da qua­si trentac­inque anni. Sono immag­i­ni in bian­co e nero. Quelle scat­tate all’ inter­no del­la chiesa e delle celle sono sgranate. Sono state real­iz­zate con pel­li­cole ad alta sen­si­bil­ità, ma sen­za l’ausilio del flash, per non dis­tur­bare la med­i­tazione. Indub­bi­a­mente un buon reportage, ma anche un impor­tante doc­u­men­to: è la tes­ti­mo­ni­an­za degli ulti­mi anni di per­ma­nen­za degli eremi­ti sul­la Roc­ca. L’er­e­mo venne fonda­to nel 1663, ma i lavori di costruzione furono com­ple­tati solo con l’ed­i­fi­cazione del­la chiesa nel 1704. Pri­ma lì di chiese ne sorge­va un’al­tra, antichissi­ma. Era ded­i­ca­ta a San Gior­gio. A inter­rompere la per­ma­nen­za dei camal­dole­si sul­la Roc­ca fu Napoleone. Nel 1810 i monaci furono costret­ti ad andarsene. Con la sop­pres­sione degli ordi­ni reli­giosi e l’in­cam­era­men­to dei loro pat­ri­moni da parte del­lo sta­to napoleon­i­co, la comu­nità camal­dolese si dis­perde, per riag­gre­gar­si poi a fine Otto­cen­to. L’er­e­mo del­la Roc­ca subì la stes­sa sorte: fu abi­ta­to da con­ta­di­ni fino al 1885, quan­do ritornò a risiedervi una comu­nità eremit­i­ca. Da qualche anno c’è sta­ta una sos­ti­tuzione. Via gli eremi­ti e pos­to ai monaci, che apparten­gono comunque all’an­ti­ca con­gregazione che ha la sua casa madre a Camal­doli, in provin­cia di Arez­zo. L’or­dine è nato tra il 1012 e il 1024. A fon­dar­lo fu San Romual­do di Raven­na, rifor­ma­tore del monach­es­i­mo benedet­ti­no. La rego­la è quel­la di San Benedet­to. Una vita con­sacra­ta alla ricer­ca di Dio nel seno di una comu­nità di fratel­li Degli eremi­ti la mostra di Pietro Bas­so ci rac­con­ta la gior­na­ta. I momen­ti strate­gi­ci sono scan­di­ti dal­la cel­e­brazione comu­ni­taria del­la cosid­det­ta «litur­gia delle ore». La cam­pana per la preghiera comune suona infat­ti quat­tro volte al giorno, a quat­tro ore diverse; ci sono l’uf­fi­cio delle let­ture (il not­turno) poco pri­ma del­l’al­ba, poi le lodi, l’o­ra media e i vespri. Poi l’eu­caris­tia e le let­ture sacre per­son­ali. C’è anche il lavoro, all’in­seg­na dell’«ora et lab­o­ra» benedet­ti­no: nei campi ter­raz­za­ti del­l’er­e­mo, fra alti cipres­si che dis­eg­nano il pro­fi­lo del­la Roc­ca, si colti­vano gli olivi e le vigne. Alla preghiera e al lavoro s’ag­giun­gono i momen­ti dei servizi e delle relazioni. Fino al riposo.

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