lunedì, Dicembre 2, 2024
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La Natività realizzata ai piedi dello scalone che porta alla Madonna della Corona.

Il presepe racconta le piaghe del mondo

Nel grande presepe di legno, costruito davanti alla porta di casa, racconta cronaca e storia. Accanto alla capanna del suo Bambino non stanno solo pastori e Re Magi, ma uomini e donne di tutte le razze e mestieri, gente che mangia, beve, brinda, spara. E sullo sfondo campeggiano Torri Gemelle ed aerei. Girolamo Ferruccio Magagnotti, del ’34, marmista ma falegname per dedizione, coltiva una passione che, per Brentino, è quasi l’evento di Natale. «La cosa particolare durante le feste è il presepe fatto dal signor Magagnotti sul suo terrazzo davanti allo scalone del Santuario della Madonna della Corona: da anni il suo segno di devozione è dedicarvi l’ultimo mese dell’anno», dice il sindaco Luigi Castelletti. «Stavolta ho cominciato prima», precisa Magagnotti. «Tutto doveva essere pronto per la festa dell’Immacolata che, per trentini e bolzanini, è importante». Per Magagnotti, che ogni 12 mesi inscena un elemento nuovo, è questa la sorpresa. «Conosco bene molti bolzanini e volevo sottolineare l’importanza della loro amicizia. Così ho costruito le casette dell’Alto Adige». E’ una novità che il suo presepe esprima un sentimento intimo, di solito «il nuovo» è l’evento eclatante dell’anno. «Per il Giubileo feci la porta santa, nel 2002 le Torri Gemelle». Poi indica un aereo: «A dire la verità, ho terminato l’”apparecchio” destinato a ficcarsi nelle due Torri e che l’anno scorso non riuscii a completare. Ha un significato vasto: che le cose negative possono arrivare sempre e sempre bisogna stare in guardia, può rappresentare la guerra: nessuno la vuole ma è sempre e solo l’uomo a portarla». «Pensando agli immigrati ho costruito le vasche, i loro gommoni e la motovedetta della Guardia di Finanza». Poi indica omini verdi con braccia rosse e barelle in mano. «Li ho fatti quando si leggeva delle stragi del sabato sera, ma si deve ricordare sempre che è pericoloso guidare se non si è lucidi». Quindi i mestieri: “Lavandaie, trasportatori di grano, contadini, il mulino». E racconti di viaggio: «In Romania e Cecoslovacchia mi hanno colpito le casette: tutte uguali, una casa e una panchina, una panchina e una casa». Chissà come ebbe l’idea di un presepe di 50 metri quadri: “Per sfida. Sono di Brentino ma fui operaio marmista a Domegliara. Tornammo 12 anni fa e qui a Natale tutti fanno un presepe, se lo mostrano e ognuno vorrebbe che il suo fosse il più bello. Io ho voluto distinguermi sul serio». E il senso del Natale nel suo presepe? «E’ nella capanna che tutti guardano per ultima. Lì ci sono il Bambin Gesù, il bue e l’asinello che sono un simbolo, ultimo. E’ lì il senso del mondo, invece il presepe deve cambiare: è una tradizione antica da raccontare con personaggi moderni, sennò anche la religione diventa un disco».

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