Nel grande presepe di legno, costruito davanti alla porta di casa, racconta cronaca e storia. Accanto alla capanna del suo Bambino non stanno solo pastori e Re Magi, ma uomini e donne di tutte le razze e mestieri, gente che mangia, beve, brinda, spara. E sullo sfondo campeggiano Torri Gemelle ed aerei. Girolamo Ferruccio Magagnotti, del ’34, marmista ma falegname per dedizione, coltiva una passione che, per Brentino, è quasi l’evento di Natale. «La cosa particolare durante le feste è il presepe fatto dal signor Magagnotti sul suo terrazzo davanti allo scalone del Santuario della Madonna della Corona: da anni il suo segno di devozione è dedicarvi l’ultimo mese dell’anno», dice il sindaco Luigi Castelletti. «Stavolta ho cominciato prima», precisa Magagnotti. «Tutto doveva essere pronto per la festa dell’Immacolata che, per trentini e bolzanini, è importante». Per Magagnotti, che ogni 12 mesi inscena un elemento nuovo, è questa la sorpresa. «Conosco bene molti bolzanini e volevo sottolineare l’importanza della loro amicizia. Così ho costruito le casette dell’Alto Adige». E’ una novità che il suo presepe esprima un sentimento intimo, di solito «il nuovo» è l’evento eclatante dell’anno. «Per il Giubileo feci la porta santa, nel 2002 le Torri Gemelle». Poi indica un aereo: «A dire la verità, ho terminato l’”apparecchio” destinato a ficcarsi nelle due Torri e che l’anno scorso non riuscii a completare. Ha un significato vasto: che le cose negative possono arrivare sempre e sempre bisogna stare in guardia, può rappresentare la guerra: nessuno la vuole ma è sempre e solo l’uomo a portarla». «Pensando agli immigrati ho costruito le vasche, i loro gommoni e la motovedetta della Guardia di Finanza». Poi indica omini verdi con braccia rosse e barelle in mano. «Li ho fatti quando si leggeva delle stragi del sabato sera, ma si deve ricordare sempre che è pericoloso guidare se non si è lucidi». Quindi i mestieri: “Lavandaie, trasportatori di grano, contadini, il mulino». E racconti di viaggio: «In Romania e Cecoslovacchia mi hanno colpito le casette: tutte uguali, una casa e una panchina, una panchina e una casa». Chissà come ebbe l’idea di un presepe di 50 metri quadri: “Per sfida. Sono di Brentino ma fui operaio marmista a Domegliara. Tornammo 12 anni fa e qui a Natale tutti fanno un presepe, se lo mostrano e ognuno vorrebbe che il suo fosse il più bello. Io ho voluto distinguermi sul serio». E il senso del Natale nel suo presepe? «E’ nella capanna che tutti guardano per ultima. Lì ci sono il Bambin Gesù, il bue e l’asinello che sono un simbolo, ultimo. E’ lì il senso del mondo, invece il presepe deve cambiare: è una tradizione antica da raccontare con personaggi moderni, sennò anche la religione diventa un disco».