Di Vincenzo Conticello colpiscono la serenità e solarità. Cosa tutt’altro che scontata per un uomo che da un paio di anni vive perennemente sotto scorta. Una rivoluzione entrata nella sua vita perché Conticello è stato il primo imprenditore palermitano ad aver rifiutato di pagare il «pizzo» e ad aver denunciato per nome e cognome chi aveva pensato di inserirlo nell’agenda del racket. Persone processate e che stanno scontando la pena in carcere ma che evidentemente continuano a rappresentare una possibile minaccia.L’occasione per incontrare questo protagonista autentico dell’impegno civile è l’edizione 2008 di «Cantine aperte»: evento ideato e organizzato dalle Cantine Zenato «con l’intento di accentuare il legame con il nostro territorio e i suoi prodotti e contribuire alla loro valorizzazione» precisa Nadia Zenato. Una filosofia fortemente condivisa anche da Conticello che a Palermo, con la sua «Antica Focacceria San Francesco» mette in scena questo stesso tipo di rapporto tra territorio ed economia, valorizzazione dei prodotti e riscoperta della storia e tradizioni locali.«Ci siamo incontrati al Vinitaly», prosegue Nadia. «Conoscevo la sua storia e sono stata molto felice di conoscerlo di persona. Mi ha fatto ancor più piacere scoprire questo comune modo di intendere e vivere la nostra professione. Così è nata l’idea di invitarlo a Cantine aperte». «Un invito accolto più che volentieri perché conosco bene e apprezzo molto questa terra», replica Conticello. «Mi è sembrato bellissimo poter unire il mio cibo siciliano con il vino di questa straordinaria azienda».Ieri, allora, le Cantine Zenato si sono trasformate in un luogo di incontro tra i sapori isolani e gli aromi dei vini veronesi. Un connubio che ha conquistato i numerosi ospiti dell’evento. Ma a conquistare ed incuriosire è stata anche la storia dell’imprenditore siciliano. Una storia che non poteva essere altrimenti «perché mia nonna prima di morire mi ha detto se paghi una volta dovrai farlo sempre e io a mia figlia ho insegnato a credere nella legalità e nella giustizia».La mafia, spiega Conticello, «si insinua subdolamente nel tuo lavoro, nella tua vita. Tu non lo sai ma finisci per avere tra il personale i fornitori gente loro. Arrivano le intimidazioni: sabotaggi agli impianti del locale, l’auto distrutta. Poi si presenta qualcuno e ti dice quanto devi pagare per stare tranquillo. A me avevano chiesto 50000 euro per una sorta di condono sul pregresso, e 500 euro al mese da quel momento in avanti». La risposta di Ponticello, 100 dipendenti e un fatturato annuo intorno ai 10 milioni di euro, è stata che non avrebbe mai pagato.«Con questo “no” lei si è messo in un guaio, ha detto il mio interlocutore. E io ho replicato che lui non sapeva in che guaio si era messo. Non appena è uscito si sono avvicinati quattro uomini che erano seduti ad un altro tavolo del locale: erano carabinieri che lo tenevano d’occhio. A me è sembrato ben più che un segno del destino: la mafia usciva e lo Stato era già vicino a me». L’imprenditore é oggi un testimonial che gira l’Italia per spiegare soprattutto ai ragazzi l’importanza e il valore di giustizia e legalità. Dice di non essersi mai pentito della scelta e sorride ancora ricordando la telefonata del presidente della Repubblica.«Credevo fosse uno scherzo di Fiorello. E invece era proprio lui che si complimentava con il mio gesto. Ho iniziato a sudare tutto…Mah. Dopo il mio gesto Confindustria, Confocommercio e le altre associazioni di categoria si sono schierate ed è stato importantissimo. Altri imprenditori hanno seguito l’esempio e qualcosa inizia a muoversi ma è ancora poca cosa rispetto alla battaglia in corso. Sino ad ora abbiamo aperto un varco. Per demolire questa montagna occorre un piccone molto grande, che va dal Tirolo a Lampedusa. Perché la mafia, culturalmente ed economicamente, ha smesso da tempo di essere un problema solo siciliano».
Ospite di «Cantine aperte» e dell’azienda Zenato l’uomo che in Sicilia ha aperto una breccia decisiva
Imprenditore antiracket«Dite no, da nord a sud»
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