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Tutte le scritture di Romarzolo sono state riordinate

Otto secoli di storia arcense

In questi giorni s’è chiuso un altro capitolo della storia centenaria dell’archivio storico di Arco, costituito dalla unione dei depositi antichi dei tre comuni storici del Sommolago: Arco, Romarzolo e Oltresarca. Il lavoro di riordino dell’archivio di Romarzolo è finito (quello di Arco è a posto fino al 1923, dal ’24 in poi ci si sta lavorando; per Oltresarca si farà ricorso ad una cooperativa specializzata). Si tratta di un lavoro immane. Nell’archivio storico sono custodite le pergamene ed i manoscritti relativi alla storia della comunità (i libri a stampa, comprese le preziose tine, sono di spettanza del fondo antico della biblioteca civica). Si tratta di migliaia di documenti: il solo Romarzolo riempie 56 metri lineari di scaffali.Per stendere l’inventario bisogna aprire i faldoni, verificare che cosa contengono decifrando migliaia di pagine vergate a grafie differenti e con inchiostri talvolta sbiaditi dagli anni, e stenderne un elenco da consegnare poi agli studiosi di storia patria perchè possano poi agevolmente rovistare, nelle pieghe del passato, le storie minori che fanno la Storia con l’iniziale maiuscola (quella scritta sui libri, che poi forse vale meno dell’altra). Gli arcensi, e comunque gli studiosi di oggi, devono essere grati almeno ad un paio di personaggi del passato, che hanno fatto in modo che questo immenso patrimonio venisse tramandato, oltre i secoli e le guerre, fino a noi. La prima notizia dell’esistenza di un archivio è del 10 febbraio 1574: si tratta di un inventario delle scritture e dei beni mobili conservati. Il primo riordino importante si deve all’arciprete Francesco Santoni, nella seconda metà del Settecento: rilegò in 150 volumi gli atti considerati di maggiore importanza, redigendo un indice generale per argomento secondo la dottrina archivistica illuminista del tempo. L’altro personaggio importante è Federico Caproni, fratello del più noto ingegner Gianni. Nel 1927 volle continuare l’opera dell’arciprete Santoni e compilò due volumi dattiloscritti (noti come indici Santoni-Caproni) e l’indice cronologico delle pergamene che, con il benestare del comune, ebbe agio di visionare nella sua abitazione (a lui, con ogni probabilità, si deve anche l’autentico fascio littorio visibile ancora in archivio). Da quegli anni probabilmente rimasero in casa Caproni circa 150 buste e pacchi di documenti, restituiti al comune nel 1992 e successivamente deumidificati e disinfestati a cura del servizio beni librari ed archivistici della provincia. Nel ’29, quando vennero riunificati i tre comuni, l’archivio storico venne trasferito a piano terra dell’edificio municipale; quando la Telve (poi Sip, ora Telecom) chiese di utilizzare quel locale, le carte migrarono a palazzo Panni. In tempo di guerra nuovo trasferimento al convento dei Francescani di Ceole, e verso il ’50 ritorno al primo piano del municipio. Dal ’96 finalmente l’archivio ha una sede dignitosa, al primo piano di palazzo Giuliani, la quattrocentesca «domus nova», la prima eretta dal conte Francesco d’Arco nella piazza del borgo, fuori del castello. Il futuro, per le antiche carte, è cominciato da 5 anni.

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