giovedì, Maggio 2, 2024
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Quattordici anni tra i rivani, Don Dario. Cosa le hanno dato? Questo è il momento dei bilanci, dei ricordi

«Una città assai chiacchierona ma la solidarietà non manca mai»

Quattordici anni tra i rivani, Don Dario. Cosa le hanno dato? Questo è il momento dei bilanci, dei ricordi.«Mi sono trovato subito bene. Anche caratterialmente: i rivani sono molto chiaccheroni, qualche volta dispersivi, e qualche volta si avvicinano alla soluzione dei problemi senza mai toccarla. Ma nel momento del bisogno sanno rimboccarsi le maniche. Anch’io sono fatto un po’ così, non sono tanto di rappresentanza. Ma mi prendo come sono e agli altri mi offro così. Non ho molto ha insegnare, ma ho cercato di capire, di ascoltare la gente ed i suoi problemi. Le persone rappresentano le mille maniere diverse per realizzare quell’Incarnazione in cui credo e che professo».Un’opera che riesce meglio in una città apparentemente ricca come Riva?«Probabilmente sì, ma io mi sono ben guardato dall’adulare i potenti. Infatti me ne vado povero così come povero sono arrivato. Ho chiesto soldi soltanto per l’Oratorio e mi hanno risposto con generosità. Ma tutti, proprio tutti. Anche quelli che non navigano nell’oro».Per questo abbiamo definito Riva «apparentemente ricca». In effetti ci risulta che non manchino i cosiddetti problemi sociali, l’emarginazione…«E’ vero. Però ci sono le risposte adeguate. Ed anche le istituzioni fanno bene la loro parte, crando un rapporto costruttivo con il mondo ecclesiastico. Mi viene in mente il sempre proficuo interscambio tra Caritas, Comune e Comprensorio».Lei ha attraversato l’esperienza di tre sindaci, Enzo Bassetti, Claudio Molinari ed infine Cesare Malossini. Cosa ci può dire al riguardo.«Forse con Molinari mi ha un po’ frenato la preoccupazione di sfruttare troppo l’occasione, data la vicinanza di convinzioni. Ma con tutti, nella chiarezza dei reciproci ruoli, ho offerto ed ottenuto collaborazione. Chiaro che il parroco non è il sindaco e viceversa».Ma comunque le sue idee, sulla realtà politica e sociale, anche il parroco finisce per averle.«In quattordici anni ho visto un continuo miglioramento della città. Le sue ricchezze sono il turismo e le industrie. E’ difficile equilibrarle, ma nel complesso ci sono riusciti molto bene. Altrimenti non ci sarebbe stato questo progresso»Una città da gustare, insomma.«Sicuramente. E’ bella Riva, anche se io, a dire il vero, non ho mai messo un piede nel lago e, per via della stazza, non sono nemmeno mai salito sul Bastione».Altri rammarichi da confessare?«Avrei voluto essere più sinodale, ma non ci sono riuscito abbastanza per limiti personali. Sono disordinato di carattere, prendo dappertutto, forse troppe cose insieme. Ma con l’Oratorio, per esempio, mi pare d’aver seminato bene. Adesso ci sono le condizioni perchè la vita parrocchiale progredisca».Ricominciare per la terza volta a sessant’anni, a tessere rapporti ed imparare una realtà nuova, può essere problematico.«In questi giorni, sapendo che parto, mi fermano e mi salutano anche persone con cui in passato ho avuto poco a che fare. Voglio sperare sia il riconoscimento di aver lasciato un segno».

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