lunedì, Luglio 7, 2025
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Anche un bresciano a cercare un'alternativa ai due anni di fermo della strada

Due supertecnici a consulto sulla Gardesana

La maxiriunione convocata a Trento in Provincia per discutere del futuro della Gardesana Occidentale, s’è conclusa nella serata di ieri con un accordo salomonico, capace per intanto di congelare la situazione e di far slittare di qualche settimana il momento della decisione ultima. Ci si potrà chiedere se per arrivare ad un rinvio era proprio necessario uno schieramento di personaggi tanto imponente. C’erano il presidente Dellai ed il suo collega Cavalli, presidente della provincia di Brescia, gli assessori competenti, Casagranda e Grisenti, più quelli della zona, Molinari e Benedetti; c’erano i sindaci di Riva Malossini e di Limone Martinelli, con i vice; c’era lo staff dei tecnici della provincia, a cominciare dall’ingegner Bortolotti.In mezzo al gruppo dei potenti chiamati a consulto, pesante come un macigno, la perizia dell’ingegner Castelli che dichiara indifendibile tutto il primo tratto della strada, a cominciare dalle porte di Riva e fino alla valle dello Sperone; e l’ombra lunga dell’ultima frana, caduta appena fuori la prima galleria, con largo anticipo rispetto ai tempi normali: colpa di questo bislacco inverno che inanella brividi di gelo e tepori primaverili, capriccioso come fosse già arrivato marzo. La storia è nota: dopo la frana l’ingegner Bortolotti dichiara che non sussistono più le condizioni minimali di sicurezza per garantire il transito veicolare: strada chiusa e partenza a razzo per la costruzione della galleria destinata a salvare capra (la pelle di chi passa) e cavoli (l’economia di Limone, legata al Trentino solo da quella strada, quasi fosse davvero un cordone ombelicale). La ribellione dei lombardi è totale e decisa: inevitabile. Nel loro futuro vedono desolazione e deserto: loro stessi, chiuse cucine e ristoranti, condannati a bighellonare sul lungolago guardandosi le punte dei piedi: ed intanto scadono le cambiali e le banche si mangiano i muri tirati su in anni di onorato sudore. Salomone alla fine è arrivato in soccorso. Non di politica si tratta, ma di ben altro: tecnica, solo tecnica. Chimica di pioggia acidulata che corrode il calcare; fisica di acqua che gela e si gonfia, si sgela e scivola via; ancora fisica di masse che quando più nulla le trattiene cedono alla gravità e vengono giù. Dunque roba da esperti. Ed allora tecnici siano: due, come le parti in causa. Il trentino potrebbe essere l’ingegner Castelli, che già s’è documentato. Ad affiancarlo, nel giro di sette giorni, il presidente bresciano, architetto Cavalli, provvederà nominare un geologo di parte, che veda, tocchi, consideri e proponga, se ci sarà qualcosa da proporre. Nel giro di poche settimane i due dovrebbero essere in grado di consegnare ai politici il parere richiesto, su cui fondare la decisione. Intanto, a prescindere dal destino dalla strada, partirà un’operazione di disgaggio delle pareti della Rocchetta da 4 miliardi. Intervento già stabilito, deciso già prima della frana e giudicato comunque da fare, in tutti i casi: non fosse che per creare le massime condizioni possibili di sicurezza per gli operai che, nell’anno 2002, saranno impegnati a bucare il monte fino alla valle dello Sperone. Il sindaco Martinelli s’aggrappa al filo di speranza che gli è rimasto. Forse salterà fuori dalle pieghe della perizia la possibilità di qualcosa di provvisorio, anche un senso unico alternato, qualcosa di sospeso come sulla strada per Campi: abbastanza perchè il serpentone estivo di lamiere colorate possa continuare a scorrere, pure azzoppato, a singhiozzo. Dalla Navigarda, assicura Grisenti, non è possibile avere di più: e per l’estate, s’è già visto, è troppo poco.

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