mercoledì, Aprile 24, 2024
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Il paese dei ristoranti ha deciso di non creare spazi interni appositi ma angoli esterni: gazebo o panchine con stufe. Il presidente dei ristoratori Bressanelli: «Troppo costose le modifiche strutturali»

Fumatori? Fuori ma «riscaldati»

Il popolo dei fumatori non troverà asilo nel paese dei ristoranti. Infatti un po’ tutti i gestori di ristoranti e bar valeggiani hanno scelto di non creare spazi interni a loro destinati, mentre molti hanno allestito dei “punti di fumo” esterni, con ombrelloni, piccoli gazebo o lampade-stufa con panchina. «All’interno del nostro consiglio direttivo», rivela Romano Bressanelli, presidente dell’Associazione ristoratori, «tutti hanno preferito passare al divieto totale di fumo, non solo per ragioni salutistiche, ma anche perché le modifiche strutturali necessarie sono spesso quasi impossibili e comunque costosissime». Infatti l’imposizione che la normativa sottende (completa separazione tra le due clientele senza trasmissione d’aria tra gli ambienti) ha reso difficile gli interventi. «Ho chiesto ad una ditta specializzata», dichiara Gianni Veronesi, segretario dell’associazione, «di farmi un preventivo, ma mi chiedevano decine di migliaia di euro senza considerare le opere murarie, oltre a buttarmi dentro aria a bassa temperatura che avrei dovuto riscaldare. Francamente non ne vale la pena per pochi mesi invernali e quindi ho sistemato nel cortile delle lampade che riscaldano e che possono dare un po’ di sollievo ai fumatori. Del resto i nostri clienti si sono già abituati al divieto, visto che questa nuova normativa era stata già promessa e poi rinviata». Proprio una sigaretta si disse che era stata all’origine dell’incendio che pochi anni fa aveva distrutto, in una notte di gennaio, l’albergo-ristorante “Bue d’oro”, gestito da Veronesi. Anche Bressanelli, che ha smesso di fumare trent’anni fa, non nota una particolare insofferenza dei clienti: «In fondo chi va al cinema non fuma per due ore e credo che lo possa fare anche al ristorante, anche se per chi ne fuma tante è dura. Sto meglio anch’io che spesso sono vicino al bar e mi trovavo avvolto nel fumo perché in sala erano sempre meno, anche prima del divieto, quelli che si mettevano tranquillamente a fumare». Sul calo di vendite di sigarette (secondo l’Assotabaccai-Confesercenti le vendite di “bionde” sono in calo del 23 per cento su tutto il territorio nazionale, ndr) e quindi sui minori introiti per lo stato, Bressanelli non ha dubbi: «È stato ampiamente spiegato, anche dal ministro Sirchia, che le tasse sulle sigarette non coprono tutti i soldi che servono per curare le malattie derivanti dal fumo: da quelle polmonari a quelle cardiache». Per Marileno Brentegani, presidente dell’Associazione commercianti, anche i bar hanno dovuto seguire la strada del divieto totale, forse con qualche difficoltà in più rispetto ai ristoranti, ma senza drammi: «Nel mio locale non si fuma ormai da tre anni e non ho avvertito nessun calo di clientela. Chi fuma lo fa prima di entrare o quando esce. Molti colleghi hanno creato dei “punti fumo” nei paraggi». Anche Franco Faccioli, albergatore oltrechè ristoratore, ha giocato d’anticipo: «È da qualche anno che in albergo chiediamo ai nostri clienti di non fumare. Stiamo meglio tutti. Spesso anche gli stessi fumatori sono d’accordo col divieto che considerano importante per rispettare la libertà e la salute altrui». E i vecchi posacenere diventeranno un oggetto d’antiquariato? «Sono stati momentaneamente accantonati», continua Faccioli, «in attesa di essere rispolverati per la stagione buona e, appena la temperatura lo permetterà, immagino che saranno molti a chiederci di mangiare all’aperto proprio per poter fumare».

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