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A Luigi Benico, classe 1921, la Medaglia della Liberazione

“Mi sono salvato dallo sterminio della 33^ Divisione di Fanteria Acqui, il 22 settembre 1943 – spiega emozionato Luigi Benico, classe 1921 – perché ero ammalato di febbre malarica. Un miracolo della Madonna – mormora piangendo – perché altro non so dire su questa fortunosa avventura che mia garantito di portare a casa la pelle.”

Queste sono le dichiarazioni a caldo  del reduce Luigi Benico nato a Lazise nel lontano 1921, ora residente a Colà, arruolatosi il 13 gennaio 1941 con destinazione Tiarana in Albania. Riceverà lunedì 25 aprile Festa della Liberazione, dopo 71 anni dalla fine della guerra, la medaglia della liberazione rilasciata dal Ministero della Difesa sotto l’alto patrocinio del Presidente della Repubblica per l’impegno profuso a rischio della vita, a difesa della libertà ed indipendenza della Repubblica e della Costituzione, come recita la motivazione.

“Sono meravigliato e sorpreso di questo alto riconoscimento – dichiara commosso Luigi Benico – perché dopo tanti anni, dopo tanti non riconoscimenti di pensione di guerra, di invalidità, essendo da anni sulla carrozzella, dopo una sorta di oblio generale, oggi finalmente si sono ricordati di noi. Siamo in pochissimi ormai, come pure pochi sono stati i commilitoni che non sono stati trucidati dai tedeschi a Cefalonia unicamente perché il governo, di cui non eravamo neanche a conoscenza, aveva tradito l’alleanza con i tedeschi.”

Luigi Benico, essendo malato di malaria, era stato trasferito all’ospedale di Santa Mauna, successivamente in quello di Patrasso e poi infine ad Atene, infine in Slovenia.

Successivamente, appena in forze, in una decina di prigionieri , sono stati trasferiti in un campo di concentramento in Austria. La notte dormivano nelle baracche e la mattina uscivano a lavorare nei campi.

” Ricordo che ra gennaio 1944, un grande freddo – soggiunge Benico – e mi recavo al alvoro come potevo. Vidi una crocerossina, anche lei deportata, che mi sorrise. Quel sorriso mi accompagnò per giorni. Non potevamo parlare con nessuno pena la fucilazione. Ma l’amore smuove le montagne – soggiunge Benico – e Maria Naima mi contagiò. Tentai il tutto per tutto. Ci innamorammo, ci sposammo , dopo liberi, un anno dopo, sempre in Austria. E ritornai in Italia con lei l’otto agosto del 1946.”

Ora Maria Naima non c’è più. Ha dato alla luce ben 5 figli che sono la consolazione di Luigi Benico.

“E’ stata mia nipote Sibilla a smuovere il mondo per questa medaglia – conclude piangendo Luigi Benico – ed ha centrato l’obiettivo. Io non potrò andare alla Gran Guardia per il ritiro della medaglia ma ci sarà lei per mio conto. Sono soddisfattissimo per me, per i miei figli, per i miei nipoti e pronipoti perché finalmente lo Stato riconosce la nostra lotta per libertà e la pace.”

Sergio Bazerla

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