sabato, Aprile 27, 2024
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Stefano si tuffa nel lago, Marco allunga la sua canna da pesca. Due corpi erano già sul fondo. Coraggioso recupero di due uomini e un bimbo quasi annegati

Ragazzi-eroi salvano tre vite

Ancora un attimo e sarebbe finita in tragedia per un gruppo di africani che il giorno di ferragosto, tra le 13.30 e le 14, hanno rischiato di annegare nelle acque antistanti la spiaggietta del lungolago di Garda che porta alla punta del Corno, 30 metri più avanti del circolo dell’Unicredit. Solo l’animo altruista di due giovani di Villafranca, Stefano Giagulli di 20 anni e Marco Venturini di 19, ha evitato il peggio: hanno salvato la vita a un ragazzino di 10 o 11 anni e a due uomini di circa trent’anni. «Un gruppo di persone di colore, sicuramente africane, composto da cinque uomini, due donne e cinque-sei ragazzini», spiegano Marco, stampatore grafico e Stefano, perito agrario, «stavano sul pontile di legno che si trova in quel punto. Sotto il pontile l’acqua sarà stata alta 35 centimetri, appena oltre, però, diventa subito profonda qualche metro. Sei persone erano in acqua e tre di loro erano sdraiate a pancia in giù, con la schiena al sole. Il moto ondoso deve averli trascinati verso l’acqua alta, senza che se ne accorgessero e nessuno del gruppo di africani sapeva nuotare». «Io e Marco», continua Stefano Giagulli, «stavamo pescando a riva. Andiamo spesso nel fine settimana a fare il bagno in quel posto, perché l’acqua è la più pulita di Garda. Eravamo arrivati da un’oretta e le nostre ragazze erano andate a comperare dei panini. All’improvviso abbiamo sentito le donne urlare aiuto e ho capito subito che stava succedendo qualcosa, perché prima erano in sei in acqua e dopo ce n’erano solo tre. Mi sono tuffato e ho nuotato per una trentina di metri, la distanza che ci separava. Ho visto un uomo un metro e mezzo sotto il pelo dell’acqua, stava andando giù. Per fortuna era semisvenuto e non ha fatto resistenza, perché era un uomo grande e muscoloso, del peso di 90 chili circa. Così ho potuto afferrarlo da sotto il torace e spingerlo verso l’alto». «Ma è stato molto difficile», prosegue Stefano, «quell’uomo a peso morto, così grosso, con l’acqua del lago che ti tira giù invece di sorreggerti, ho iniziato a bere. Mi hanno detto poi che sono stato fortunato, perché potevo annegare anch’io, ma in quei momenti non ci pensi, lo fai e basta». Quando Stefano pensava fosse tutto finito, una volta portato in salvo l’uomo a riva, ha sentito che c’era anche un ragazzino di 10 o 11 anni sotto acqua. Non ci ha pensato due volte: è ritornato sul punto e ha visto il bambino sotto di due metri e mezzo, con le braccia in alto. «Era svenuto, con gli occhi rovesciati, gli ho preso le braccia e l’ho tirato su, a riva lo abbiamo sdraiato a pancia in giù, non respirava, così con delle pacche sulla schiena siamo riusciti a rianimarlo, ma ci sono voluti 20 minuti perché si riprendesse del tutto. Abbiamo avuto davvero paura che fosse morto, l’incredibile è stato che sul pontile si erano radunate una trentina di persone a guardare quello che stava succedendo e nessuno ha pensato di buttarsi in acqua per aiutarci o a chiamare un’ambulanza». Mentre Stefano salvava a nuoto due persone, l’amico Marco soccorreva un secondo adulto. «Stefano nuota fin da piccolo ma io non sono un gran nuotatore, così sono corso sul pontile con la mia canna da pesca, nel punto dove c’era l’altro uomo che annaspava con le braccia, gli ho lanciato la canna, lui si è aggrappato, ma è stata dura tirarlo fino a riva perché continuava a cadere, stava svenendo anche lui. Per fortuna i due uomini si sono ripresi in fretta, hanno espulso l’acqua bevuta e sono rimasti intontiti solo per un po’, ma il ragazzino non si riprendeva, quando lo abbiamo visto ritornare tra noi è stata una gioia. Gli altri africani del gruppo avrebbero voluto buttarsi ma non sapevano nuotare». Stefano racconta di quanto il gruppo di africani li abbiano ringraziati per il salvataggio. «Poi tutto è ripreso normalmente, il gruppo è rimasto in spiaggia per un’altro paio d’ore a far giocare i bambini nella piscinetta, riempita con l’acqua del lago ma questa volta posta rigorosamente a riva, noi abbiamo mangiato i panini che le nostre ragazze nel frattempo ci avevano portato, sconvolte da quanto accaduto finché erano in negozio».

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