venerdì, Aprile 26, 2024
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Prima della guerra erano una quarantina le ragazze rivane operaie del cotonificio

Riva-Campione e ritorno, tutti i giorni al lavoro in bicicletta

L’annuncio arrivato dalle nostre colonne della seconda rinascita di Campione dalle ceneri d’un abbandono durato quasi trent’anni, ha avuto l’effetto d’un soffione su altre ceneri: quelle depositate a coprire i ricordi di decine di donne che anche da Riva andavano a lavorare nel cotonificio Olcese. Dopo la disastrosa alluvione che cancellò le ferriere degli Archetti (monopolizzavano il settore, compresa la produzione dei ledrensi) alla fine dell’Ottocento Giacomo Feltrinelli -industriale del legno di Gargnano, grande banchiere e fondatore della casa editrice che porta ancora il suo nome- avviò un cotonificio che, prima affidato e poi acquistato da Vittorio Olcese, conobbe uno straordinario sviluppo nel ventennio fra le due guerre. Nell’immenso capannone, ora destinato a diventare un albergo di lusso, arrivarono a lavorare fino ad un migliaio di operai, donne in massima parte, alle macchine che provvedevano alla filatura del cotone. I più fortunati tra i lavoratori abitavano le case fatte costruire da Olcese a nord dello stabilimento, ancor oggi intatte all’esterno, fatta eccezione per i ballatoi che nella versione originaria collegavano tutti gli appartamenti d’uno stesso piano. Per le ragazze della sponda veronese, in alternativa al pendolarismo quotidiano in barca c’era un convitto gestito dalle suore. Altre raggiungevano tutti i giorni il cotonificio: tra di loro anche Iole Paltrinieri. «Si partiva alle sei e mezza, in bicicletta: diciotto chilometri, un’ora e mezza all’andata ed altrettanti al ritorno. Prima della seconda guerra la squadra delle pendolari era forte d’una quarantina di ragazze. Qualcuna resisteva tre, cinque mesi, quelli necessari a farsi il corredo, e poi si sposavano, subito sostituite da altre». Avevano un’ora di sosta a mezzogiorno per il pranzo, il più delle volte se lo portavano da casa, d’estate col sole poteva scapparci anche un bagno sulla spiaggetta, d’inverno ogni tanto prendevano una minestra al convitto per mettere qualcosa di caldo nello stomaco. Nei mesi freddi, quando la notte s’ostina a non finire mai, seguivano lungo il sentiero che scende da Tremosine la teoria delle lanterne adoperate dalle colleghe per vedere dove mettere i piedi. «Fu una festa quando, per interessamento di Pierluigi Canobbio, il proprietario della Rovereto-Riva, la Navigarda istituì una corsa invernale del battello da Riva a Campione passando per Limone e Malcesine: la durata del viaggio era sempre quella ma almeno si viaggiava al coperto». Eppure erano anni felici, grazie ad un ambiente di lavoro che lasciava spazio alle amicizie ed alla serenità. Per la signora Iole, dopo l’interruzione della guerra quando Campione era irraggiungibile perchè nelle gallerie lavoravano gli operai della Fiat, il lavoro riprese fin quasi agli anni Sessanta. Vent’anni più tardi il cotonificio Olcese, ormai ingoiato dalla Snia, avrebbe chiuso l’attività.

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