Per le industrie pesanti in genere e siderurgiche in particolare, una via d’acqua rappresenta una autentica manna: rifornimenti di materie prima e trasferimento di prodotto finito ai mercati possono avvenire a costi estremamente contenuti, sicuramente meno che su asfalto e su rotaia. Così si riducono costi di produzione e di distribuzione, e si alleggerisce il congestionamento delle altre vie di trasporto. Sulla base di queste considerazioni, un gran numero di soggetti -fra cui il comune di Riva e la Regione Trentino Alto Adige, ma anche Camere di commercio, associazioni degli industriali, comuni e province, Milano in testa- sottoscrissero il 10 novembre 1957 a Mantova un documento in cui chiedevano a Parlamento, governo, ministeri «un immediato riesame dell’intero problema della navigazione interna in Alta Italia». Segue la proposta di costruzione di un canale navigabile che attraversasse nella fascia pedemontana la pianura padana, collegando Milano Nord (Sesto San Giovanni) con l’Adriatico. 362 chilometri, un complesso sistema di chiuse per collegare Milano a 157,50 metri sul mare, con i 61 del Mincio e poi con l’Adriatico; 36,70 metri di larghezza (abbastanza per consentire l’incrociarsi di due chiatte a motore da 1350 tonnellatwe di portata), collegamenti con tutti i laghi: Maggiore, Como, Iseo e, dulcis in fundo, Garda.
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Per le industrie pesanti in genere e siderurgiche in particolare, una via d'acqua rappresenta una autentica manna
Lunga 362 chilometri la via d’acqua padana
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