lunedì, Ottobre 2, 2023
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Da Lonato a Brescia: i Leoni Lombardi di Domenico Ghidoni. Andata e Ritorno

L’e­s­po­sizione tem­po­ranea dei due Leoni mon­u­men­tali abboz­za­ti da Davide Lom­bar­di su un mod­el­lo di Domeni­co Ghi­doni si inserisce come una novità nel pro­gram­ma PTM ANDATA E RITORNO, che ha vis­to in questi ulti­mi tre anni Fon­dazione Bres­cia Musei trasfor­mare le “parten­ze” col­le­gate alle richi­este di presti­to in “arrivi” di opere ospi­ti. In questo caso, non vi sono parten­ze a gius­ti­fi­care la pre­sen­za delle due scul­ture din­nanzi all’in­gres­so del , ben­sì l’op­por­tu­nità di pre­sentare alla Cit­tà un bra­no qua­si dimen­ti­ca­to del­la sua sto­ria, allac­cian­do un dial­o­go tra un mon­u­men­to che non esiste più, ovvero la por­ta cit­tad­i­na di San Nazaro, e il mon­u­men­to a che anco­ra insiste nel­l’omon­i­ma piaz­za. A fare da denom­i­na­tore comune di questi due episo­di del tar­do Otto­cen­to bres­ciano sono i nomi di Domeni­co Ghi­doni e Anto­nio Tagli­a­fer­ri, che svolsero un ruo­lo cen­trale in entrambe le vicende.

Il prog­et­to di col­lo­cazione tem­po­ranea dei Leoni è nato da una rif­les­sione con­di­visa con la di Lona­to, divenu­ta nel 2020 pro­pri­etaria di queste e numerose altre scul­ture gra­zie alla impor­tante don­azione effet­tua­ta dagli ere­di Lom­bar­di. Nel seg­no del pro­fon­do legame che stori­ca­mente unisce le due isti­tuzioni, e che prevede fra l’al­tro la pre­sen­za del Diret­tore dei Musei Civi­ci nel Con­siglio del­la Fon­dazione Ugo Da Como, è per noi un onore con­di­videre ques­ta occa­sione pub­bli­ca, che porterà l’il­lus­tre isti­tuzione lonatese a essere sim­boli­ca­mente pre­sente a Bres­cia nel­l’an­no 2023, quan­do la nos­tra cit­tà sarà insieme a Berg­amo Cap­i­tale Ital­iana del­la Cul­tura.

L’in­ten­zione che ci ani­ma è quel­la di offrire ai vis­i­ta­tori del­la Pina­cote­ca e a tut­ti i cit­ta­di­ni bres­ciani l’oc­ca­sione di las­cia­r­si incu­riosire da queste due stra­or­di­nar­ie pre­sen­ze, per poi riann­odare i fili di sto­rie lon­tane e forse poco conosciute: come quel­la del­la por­ta che sorge­va nel­la zona del­l’at­tuale piaz­za del­la Repub­bli­ca, e quel­la dei due Leoni mon­u­men­tali, anch’es­si di Domeni­co Ghi­doni, che tut­ti i bres­ciani conoscono per aver­li visti in Castel­lo. E anco­ra, di richia­mare così la sto­ria di un grande proces­so di rin­no­va­men­to urbano, che arrivò a coin­vol­gere gra­zie ad Anto­nio Tagli­a­fer­ri anche la nos­tra Pina­cote­ca, con l’aper­tu­ra del­la piaz­za che oggi tut­ti fre­quen­ti­amo, la real­iz­zazione di una nuo­va fac­cia­ta per il da Bar­co e la creazione del mon­u­men­to a Moret­to, inau­gu­ra­to nel 1898, in occa­sione delle cel­e­brazioni per il cinque­cen­te­nario del pit­tore.

Pri­ma che i Leoni tro­vi­no la loro defin­i­ti­va col­lo­cazione pres­so la Casa del Podestà a Lona­to, è nos­tro aus­pi­cio che gra­zie alla loro pre­sen­za la Pina­cote­ca Tosio Mar­ti­nen­go veda raf­forzarsi anco­ra di più il suo ruo­lo di cus­tode del­l’amore che Bres­cia ha sem­pre man­i­fes­ta­to per il Bel­lo e del­la volon­tà che da sem­pre ha ani­ma­to i bres­ciani di ren­dere i tesori più preziosi pub­bli­ci e con­di­visi.

 

La cit­tà che cam­bia

Nel­la sec­on­da metà del XIX sec­o­lo la cit­tà di Bres­cia subì notevoli trasfor­mazioni dal pun­to di vista urban­is­ti­co. Dopo il peri­o­do aus­tri­a­co, con il rag­giung­i­men­to del­l’U­nità d’I­talia, gra­zie anche ad un con­sis­tente aumen­to del­la popo­lazione, Bres­cia si affac­ciò alla moder­nità forte del ruo­lo di sec­on­da cit­tà indus­tri­ale del­la Lom­bar­dia, dopo . Tema impor­tante in quest’e­poca fu lo sman­tel­la­men­to del­la cin­ta muraria che per sec­oli era cresci­u­ta con la cit­tà stes­sa e che ora ten­de­va a costringer­la in spazi trop­po ristret­ti. La figu­ra di Giuseppe Zanardel­li (1826–1903) fu deter­mi­nante per delin­eare il cam­bi­a­men­to e in questo cli­ma di pos­i­ti­vo approc­cio si inserì l’ar­chitet­to Anto­nio Tagli­a­fer­ri (1835–1909), pro­fes­sion­ista di spic­co che assunse il ruo­lo di gui­da tec­ni­ca e artis­ti­ca per la cit­tà for­nen­do pareri, prog­et­ti e soluzioni a molti prob­le­mi urban­is­ti­ci e architet­toni­ci, sia nel cam­po del restau­ro sia nel­la costruzione di nuovi edi­fi­ci, tan­to da divenire mem­bro atti­vo delle prin­ci­pali com­mis­sioni cit­ta­dine. Tagli­a­fer­ri parte­cipò alla stesura del pri­mo piano di rias­set­to del­la cit­tà mura­ta (1878) e fu tra gli ideatori del piano rego­la­tore del 1884, poi ripreso e approva­to nel 1887. Si ritenne nec­es­sario stu­di­are nuo­va­mente i pun­ti d’ac­ces­so alla cit­tà e un’area di grande inter­esse fu quel­la pos­ta nel­l’an­go­lo sud-est delle mura dove, gra­zie al pas­sag­gio del­la lin­ea fer­roviaria, la Stra­da Fer­ra­ta Fer­di­nan­dea, nel 1853 ave­va pre­so for­ma il “fab­bri­ca­to passeg­geri”. Pro­prio per sot­to­lin­eare l’im­por­tan­za di ques­ta ‘por­ta mod­er­na’, che si sos­ti­tu­i­va allo stori­co riv­el­li­no di San Nazaro, fu chiam­a­to Anto­nio Tagli­a­fer­ri il quale, pur stu­dian­do e real­iz­zan­do per l’oc­ca­sione un casel­lo daziario (1883–1884), definì una vera e pro­pria Por­ta, in segui­to chia­ma­ta “Por­ta Stazione” (l’at­tuale Piaz­za Repub­bli­ca) carat­ter­iz­za­ta da “tor­ri­celle” sor­reggen­ti due leoni che decise di offrire alla cit­tà, affi­dan­done la real­iz­zazione scul­torea a Domeni­co Ghi­doni e la for­ni­tu­ra del mar­mo a Davide Lom­bar­di (1888–1889).

Due Leoni per la Leones­sa

Nel 1888 Anto­nio Tagli­a­fer­ri pre­sen­tò Domeni­co Ghi­doni all’im­pren­di­tore del mar­mo Davide Lom­bar­di con il quale ave­va col­lab­o­ra­to all’in­ter­no degli impor­tan­ti cantieri bres­ciani del palaz­zo del­la Log­gia, del san­tu­ario di San­ta Maria delle Gra­zie, del mon­u­men­to ad Arnal­do da Bres­cia e di quel­lo a Giuseppe Garibal­di. Accetta­ta la commes­sa per Por­ta San Nazaro, Ghi­doni immag­inò due leoni in cop­pia ma in due pos­ture dif­fer­en­ti: uno stante da posizionar­si a sin­is­tra e uno sedu­to da posizionar­si a destra. Lo scul­tore inviò due mod­el­li prepara­tori a Lom­bar­di allo scopo di far cavare i nec­es­sari bloc­chi in mar­mo di Maz­zano da sboz­zare e pre­dis­porre sec­on­do le sue indi­cazioni: solo allo­ra l’artista sarebbe inter­venu­to por­tan­do a com­pi­men­to l’opera, senonché si pale­sarono degli impre­visti. Il 9 aprile del 1889 lo scul­tore lamen­tò, infat­ti, una dif­forme sgrossatu­ra dei bloc­chi lapi­dei che, a suo giudizio, com­pro­met­te­va le pro­porzioni e la con­cezione del­l’­opera apren­do quin­di una con­tes­tazione e rifi­u­tan­dosi di pros­eguire il lavoro. Dal can­to suo Davide Lom­bar­di negò ogni respon­s­abil­ità giun­gen­do ad affer­mare: “Cer­ta­mente il Ghi­doni non li finirà mai, per­ché questi tro­va che il lavo­rare è fat­i­ca”. Anto­nio Tagli­a­fer­ri si tro­vò dunque a gestire, sig­no­ril­mente ma in maniera fer­ma, la noiosa verten­za e, forse ricor­dan­do anche il tiepi­do apprez­za­men­to del­la cit­tad­i­nan­za per i suoi casel­li daziari, arrivò a dichiarare: “Insom­ma quelle porte di S. Naz­zaro han­no per me la jet­tatu­ra”. Ghi­doni non riv­ide la sua posizione, deci­sione alla quale forse con­corse la dif­fi­coltà del­la lavo­razione del mar­mo di Maz­zano, par­ti­co­lar­mente duro, e non com­pletò la lavo­razione dei bloc­chi che rimasero in gia­cen­za e incom­piu­ti a Rez­za­to, sot­to il por­ti­co di Casa Lom­bar­di. 

Anto­nio Tagli­a­fer­ri dovette trovare una soluzione, affi­dan­do ad altri la for­ni­tu­ra di mar­mo di Car­rara, in sos­ti­tuzione di quel­lo locale. Domeni­co Ghi­doni riuscì quin­di a real­iz­zare una nuo­va cop­pia di leoni, ulti­mati entro i tem­pi pre­visti: in ques­ta sec­on­da ver­sione le due scul­ture, ora con­ser­vate pres­so il Castel­lo di Bres­cia, dan­no pro­va del­la capac­ità di Ghi­doni nel con­ferire un alto gra­do di real­is­mo alle sue opere, una propen­sione al Veris­mo che sus­citò critiche e polemiche. Rispet­to alla ver­sione orig­i­nar­ia, di sin­is­tra rimase sostanzial­mente invari­a­to nel­la posa, rit­to sulle quat­tro gambe, quel­lo di destra invece fu rap­p­re­sen­ta­to con atteggia­men­to più ostile, pron­to all’at­tac­co e con la coda alza­ta. L’in­au­gu­razione avvenne il 12 agos­to 1890, in occa­sione del­la visi­ta uffi­ciale del re Umber­to I e del­la regi­na Margheri­ta. I leoni rimasero in posizione sino al 1909, anno in cui ven­nero sos­ti­tu­iti dal mon­u­men­to a Giuseppe Zanardel­li. Muta­ta la con­fig­u­razione di Por­ta Stazione, le scul­ture furono col­lo­cate dal­l’ingeg­nere Egidio Dabbeni sui piloni d’ac­ces­so all’area del Castel­lo di Bres­cia poi des­ti­na­ta a zoo del­la cit­tà.

La don­azione Lom­bar­di alla Fon­dazione Ugo Da Como

La sto­ria dei due leoni donati alla Fon­dazione Ugo Da Como ed ora esposti a Bres­cia è ricostru­i­ta gra­zie all’e­same del­l’Archiv­io Tagli­a­fer­ri, dona­to alla Fon­dazione Ugo Da Como, per deci­sione assun­ta dagli ere­di del­l’ar­chitet­to nel 2010.

Nonos­tante lo sta­to di “non fini­to” le scul­ture sono carat­ter­iz­zate da ele­men­ti stilis­ti­ci essen­ziali che ne dichiara­no l’ap­parte­nen­za alla pro­duzione ghi­do­niana. L’im­postazione gen­erale dimostra l’at­ten­zione nat­u­ral­is­ti­ca del­lo scul­tore e la propen­sione al Veris­mo che le scul­ture in mar­mo di Car­rara riv­e­lano nel­la loro real­iz­za­ta com­pi­utez­za.

Colos­sali nei volu­mi (il peso è di 120 quin­tali ognuna), le scul­ture sono giunte alla Fon­dazione Ugo Da Como nel 2020, gra­zie alla don­azione del­la Famiglia Lom­bar­di.

Fan­no parte di un grup­po di oltre 400 opere che per­me­t­terà all’Is­ti­tuzione con sede a Lona­to del Gar­da di con­fer­mar­si quale luo­go di rifer­i­men­to per la val­oriz­zazione del­la sto­ria bres­ciana tra Otto­cen­to e Nove­cen­to. Nel­la pri­mav­era del 2023 i Leoni tro­ver­an­no defin­i­ti­va col­lo­cazione all’in­ter­no del Com­p­lesso mon­u­men­tale del­la Fon­dazione Ugo Da Como, nel Par­co del­la Roc­ca di Lona­to del Gar­da. 

I pro­tag­o­nisti: Anto­nio Tagli­a­fer­ri, Domeni­co Ghi­doni, Davide Lom­bar­di

Anto­nio Tagli­a­fer­ri (Bres­cia 1835 – 1909) fu l’e­spo­nente incon­trasta­to del­l’ar­chitet­tura bres­ciana nel­la sec­on­da metà del XIX sec­o­lo, succe­den­do in tale ruo­lo a Rodol­fo Van­ti­ni. Si for­mò all’Ac­cad­e­mia di Brera di Milano, man­te­nen­do sem­pre sig­ni­fica­tivi rap­por­ti con il capolu­o­go lom­bar­do, dove lavorò atti­va­mente e con suc­ces­so, tra l’al­tro intro­ducen­dovi pure Davide Lom­bar­di e Domeni­co Ghi­doni. Dal 1866 prese parte atti­va al rin­no­va­men­to urban­is­ti­co del­la cit­tà di Bres­cia in età zanardel­liana. Il lin­guag­gio di Anto­nio Tagli­a­fer­ri è rap­p­re­sen­ta­ti­vo del revival architet­ton­i­co, con par­ti­co­lare propen­sione allo stile neogoti­co. 

Tra le real­iz­zazioni di mag­gior pres­ti­gio, si seg­nalano il prog­et­to di ampli­a­men­to del Palaz­zo del­la Log­gia di Bres­cia (1873–1892), il san­tu­ario di San­ta Maria delle Gra­zie (1875–1907), il mon­u­men­to ad Arnal­do da Bres­cia (1877–1882), la Sala Bres­ciana per l’E­s­po­sizione nazionale milanese del 1881, il prog­et­to per il mon­u­men­to a Vit­to­rio Emanuele II a Roma (1881), il mon­u­men­to a Tito Speri (1885), la vil­la di Giuseppe Zanardel­li a Fasano di Mader­no (1886–1902), la nuo­va fac­cia­ta di Palaz­zo Mar­ti­nen­go da Bar­co, oggi sede del­la Pina­cote­ca civi­ca Tosio Mar­ti­nen­go (1887), il prog­et­to per il castel­lo Bonoris a Mon­tichiari (1890–1892), il mon­u­men­to a Moret­to da Bres­cia (1894–1898), il prog­et­to per il com­ple­ta­men­to del­la fac­cia­ta del Duo­mo di Milano (1900–1901), il restau­ro – per incar­i­co di Ugo Da Como – del­la Casa del Podestà a Lona­to (1907–1909).

Domeni­co Ghi­doni (Ospi­talet­to 1857 – Bres­cia 1920) ebbe una pri­ma for­mazione pres­so lo scul­tore Pietro Fai­ti­ni di Rez­za­to. Si iscrisse poi alla Scuo­la di Dis­eg­no del­la Pina­cote­ca Tosio, allo­ra pre­siedu­ta dal­l’ar­chitet­to Anto­nio Tagli­a­fer­ri, figu­ra che divenne di fon­da­men­tale rifer­i­men­to per il gio­vane scul­tore. Nel 1879 si trasferì a Milano per fre­quentare i cor­si del­l’Ac­cad­e­mia di Brera tenu­ti da Loren­zo Vela. 

L’opera di Domeni­co Ghi­doni è carat­ter­iz­za­ta da un affran­ca­men­to dal­la tradizionale scul­tura acca­d­e­m­i­ca lom­bar­da e da una pre­coce ade­sione al nat­u­ral­is­mo pri­ma e al veris­mo poi, avvic­i­nan­dosi alla pro­duzione di Giuseppe Gran­di e di Odoar­do Tabac­chi, autore quest’ul­ti­mo del mon­u­men­to ad Arnal­do da Bres­cia, inau­gu­ra­to nel 1882. Gli esi­ti del­la mat­u­razione del­l’artista si datano agli anni Novan­ta del­l’Ot­to­cen­to, quan­do svilup­pò tem­atiche di par­ti­co­lare val­ore sociale: il grup­po Emi­granti (1891) offre a Domeni­co Ghi­doni una vis­i­bil­ità nazionale. Al 1894 risale Le nos­tre schi­ave, cap­ola­voro del­la plas­ti­ca verista, attra­ver­so il quale lo scul­tore denun­ciò il fenom­e­no del­la pros­ti­tuzione. La scul­tura fu boc­cia­ta dal­la giuria d’am­mis­sione delle Espo­sizioni Riu­nite di Milano non per un man­ca­to apprez­za­men­to di ordine artis­ti­co, ma per ragioni di oppor­tu­nità e di pudore. Tra le com­mis­sioni pub­bliche e pri­vate per Bres­cia, spic­cano il Mon­u­men­to a Tito Speri (1884); il grup­po mar­moreo per la tom­ba Bonoris oggi Sonci­ni (1891) nel Cimitero Van­tini­ano, il mon­u­men­to a Moret­to da Bres­cia (1898), il ritrat­to del­l’ar­chitet­to Anto­nio Tagli­a­fer­ri (1909).

Davide Lom­bar­di (Rez­za­to 1841 – 1923) con i due fratel­li scul­tori, Gio­van Bat­tista e Giovi­ta, poten­z­iò l’at­tiv­ità di famiglia fon­da­ta nel 1798 dal padre Cipri­ano Lom­bar­di, rag­giun­gen­do notevoli tra­guar­di anche gra­zie alla vic­i­nan­za di Giuseppe Zanardel­li. Fu coin­volto da Anto­nio Tagli­a­fer­ri in impor­tan­ti cantieri, non sola­mente bres­ciani. L’at­tiv­ità si dis­tinse per la qual­ità dei mar­mi Bot­ti­ci­no e Maz­zano, garan­ten­do anche ampi riconosci­men­ti inter­nazion­ali, gra­zie alla parte­ci­pazione alle mag­giori Espo­sizioni come l’U­ni­ver­sale di Vien­na (1873), l’In­ter­nazionale di Pari­gi (1878), l’In­dus­tri­ale di Milano (1881), la Nazionale di Tori­no (1884 e 1898).

A fronte di queste fon­da­men­tali ref­eren­ze, Davide Lom­bar­di si assi­curò la for­ni­tu­ra di qua­si tut­ti gli ele­men­ti architet­toni­ci in mar­mo di Bot­ti­ci­no nec­es­sari per la costruzione del mon­u­men­to com­mem­o­ra­ti­vo al Re Vit­to­rio Emanuele II, la cui pri­ma pietra venne pos­ta a Roma nel mar­zo del 1885 (1885–1935). Ques­ta pres­ti­giosa commes­sa con­sen­tì alla “Dit­ta Davide Lom­bar­di di Rez­za­to” di lavo­rare nel­la cap­i­tale per i suc­ces­sivi tren­t’an­ni pren­den­do parte alla costruzione di “Roma cap­i­tale” e asso­cian­do il pro­prio nome anche alla costruzione del ponte Regi­na Margheri­ta (inizia­to nel 1886) e del Palaz­zo di Gius­tizia (inau­gu­ra­to nel 1911).

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