martedì, Dicembre 5, 2023
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Firme per salvare il laghetto Ca’ Nove. È un paradiso faunistico e arc

Un’assem­blea popo­lare molto parte­ci­pa­ta, con­vo­ca­ta dal comi­ta­to ambi­en­tale locale, che riu­nisce le asso­ci­azioni Legam­bi­ente, Arche­o­log­i­ca cavaionese e Cen­tro tur­is­ti­co gio­vanile, si è svol­ta nei giorni scor­si per protestare anco­ra una vol­ta con­tro l’in­ter­ra­men­to del laghet­to di Cà Nove che si tro­va ai pie­di del paese, all’in­ter­no di un’area agri­co­la. Anco­ra nei mesi di giug­no e luglio la parte ori­en­tale del laghet­to è sta­ta sogget­ta ad inter­ra­men­ti e boni­fiche agri­cole che han­no ridot­to l’esten­sione del laghet­to orig­i­nario, per dare spazio a lavori per­al­tro autor­iz­za­ti dal­la Sovrin­ten­den­za arche­o­log­i­ca e con il tac­i­to assen­so del Comune, che però non ha rilas­ci­a­to alcu­na autor­iz­zazione. «Si trat­ta di un laghet­to di orig­ine inter­moreni­ca, rimas­to allo sciogli­men­to del­l’ul­ti­mo ghi­ac­ciaio wur­mi­ano, cir­ca 12.000 anni fa, assieme ad altri stag­ni e laghet­ti oggi scom­par­si, divenu­to famoso per il ritrova­men­to negli anni Ottan­ta, sui suoi bor­di merid­ion­ali, di un vil­lag­gio del­l’Età del bron­zo», spie­ga Raf­fael­lo Boni di Legam­bi­ente. «Il laghet­to», pros­egue Boni, «è una vera e pro­pria zona umi­da e rap­p­re­sen­ta un raro biotipo per le rive ricop­erte da can­nuc­cia di palude, iris, coltel­lac­cio ed altre vari­età botaniche igro­file, men­tre ospi­ta diverse specie di uccel­li che nid­i­f­i­cano o che si fer­mano durante il pas­so, come il ger­mano, il tarabusi­no e la gallinel­la, ma anche i rari airone ciner­i­no e mar­tin pesca­tore». La bonifi­ca agri­co­la, sec­on­do chi ha ese­gui­to i lavori, ha inte­so ripristinare il liv­el­lo del ter­reno prece­dente agli anni Ottan­ta, quan­do al pos­to del laghet­to ci sareb­bero sta­ti soltan­to dei canali, ma diverse per­sone pre­sen­ti all’assem­blea han­no tes­ti­mo­ni­a­to di essere state nel laghet­to anco­ra negli anni Set­tan­ta e quin­di questo dove­va esistere almeno già da allo­ra. La riduzione di parte del laghet­to di Cà Nove, oltre a dan­neg­gia­re in modo con­sis­tente l’am­bi­ente nat­u­rale, va con­tro anche alla pos­si­bil­ità di creare nel­la zona un , come prevede il Piano rego­la­tore gen­erale del Comune e che risul­terebbe com­ple­mentare al arche­o­logi­co comu­nale. A par­tire dal 1980 venne scop­er­to ai bor­di del laghet­to, ad opera di Mario Parolot­ti, un vil­lag­gio di capanne di tronchi ed erbe palus­tri, data­to tra il 1800 ed il 1500 a.C., che ha for­ni­to numerosi vasi ed ogget­ti in ter­ra­cot­ta, pug­nali in bron­zo, punte ed ogget­ti in selce ed osso, oggi tut­ti con­ser­vati nel museo arche­o­logi­co, nel munici­pio di Cavaion. Per­ciò il comi­ta­to ha chiesto all’am­min­is­trazione comu­nale di adottare i provved­i­men­ti nec­es­sari per il ripristi­no del laghet­to e la val­oriz­zazione del­l’area, anche medi­ante una sua acqui­sizione. Il sin­da­co Gian­car­lo Sabai­ni, dap­pri­ma per­p­lesso sul­l’inizia­ti­va, sem­bra poi esser­si con­vin­to del­la neces­sità di tute­lare il laghet­to e quin­di ha promes­so un inter­es­sa­men­to con­cre­to del­l’am­min­is­trazione comu­nale. Alla fine, il pres­i­dente del­l’As­so­ci­azione Arche­o­log­i­ca cavaionese Mario Parolot­ti è abbas­tan­za sod­dis­fat­to, ed ora spera in un rapi­do inter­ven­to del Comune: «Mi pare che stia vin­cen­do il buon sen­so, anche se questo inter­ra­men­to si sarebbe dovu­to impedire qualche mese fa. Sti­amo comunque rac­coglien­do firme per una petizione popo­lare che sup­por­ta le nos­tre richi­este».

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