martedì, Dicembre 5, 2023
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«Il Parco a tutela del Baldo»

In Italia c’è un monte, un lun­go dor­so lun­go 40 chilometri che l’oro­ge­n­e­si ha spin­to fino ad oltre 2.200 metri fra il sol­co del­l’Adi­ge ed il fior­do del Gar­da. È un lun­go cuneo che, par­tendo dalle colline moreniche, si infi­la nelle Pre­alpi mostran­do i due ripi­di fianchi — atesino e garde­sano — este­si per oltre 2 chilometri.Circhi glaciali, val­loni dram­mati­ci, pale, doline, prati, boschi di fag­gi e di abeti, pozze d’alpeg­gio, mal­ghe dal­l’ar­chitet­tura carat­ter­is­ti­ca, flo­ra, descrit­ta da Francesco Cal­zo­lari fin dal 1566 e da allo­ra nota e cel­e­bra­ta nel mon­do sci­en­tifi­co da Norim­ber­ga ad Oxford per la sua ric­chez­za di vari­età, micro­fau­na, pae­sag­gi, panora­mi d’in­can­to aper­ti sul Gar­da, sul­la Val d’Adi­ge, sulle Dolomi­ti di Brenta, sul­l’Altip­i­ano del­la Lessinia e sul­la pia­nu­ra fino agli Appen­ni­ni. Ed in più la sin­go­lar­ità di trovare sui due ver­san­ti flo­ra e fau­na che dalle rive del lago alle creste espon­gono, aut­en­ti­co a cielo aper­to, il susseguir­si di diver­si habitat.Questo è il monte , aut­en­ti­co dono del­la natu­ra, splen­di­da bio­di­ver­sità. Uno scrig­no di ric­chez­za, un pat­ri­mo­nio raro, conosci­u­to, ama­to, invidi­a­to da scien­ziati e tur­isti delle regioni più vicine, come Lom­bar­dia, Trenti­no, Emil­ia Romagna, Svizzera, Tiro­lo, Baviera ed anche da terre più lontane.Meno di 10 Comu­ni, 25mila abi­tan­ti qua­si tut­ti rac­colti in pic­coli cen­tri a liv­el­lo del lago o a bas­sa quo­ta, una Comu­nità Mon­tana, più di 5.000 ettari di aree di pro­pri­età pub­bli­ca, Regione e Comu­ni, qua­si tutte a quote elevate.«Questo monte ha dirit­to di essere tute­la­to», dichiara­no in un doc­u­men­to comune Ama­dio e For­men­ti del Wwf, Massig­nan di Italia Nos­tra, Albi di Legam­bi­ente, Di Grazia del­la Lipu, Napoli­tano e Bian­chi­ni del­la Lessinia Europa. «In parte lo è già, da ris­erve region­ali e provin­ciali», pre­cisano, «ma gli stru­men­ti urban­is­ti­ci region­ali preve­dono da oltre 20 anni l’is­ti­tuzione, su 13.000–15.000 ettari di questo monte, di un . Nel 1974, il Wwf studiò un prog­et­to di par­co che la apprez­zò, fece suo e, dopo una rielab­o­razione di Fran­co Tas­si, allo­ra diret­tore del par­co nazionale d’Abruz­zo, finanz­iò (assieme al Bosco del Cansiglio)».Al rin­no­vo del­la leg­is­latu­ra regionale, il propos­i­to fu infi­la­to, assieme al prog­et­to, in un cas­set­to di Palaz­zo Bal­bi o di Palaz­zo Linet­ti (sede del­la piani­fi­cazione urban­is­ti­ca), dove dorme anco­ra. Seguirono altri prog­et­ti di Par­co, uno d’inizia­ti­va popo­lare, un altro del­la Comu­nità Mon­tana, con il medes­i­mo esi­to però di quel­lo del Wwf. «Ma per­ché il Par­co non è sta­to anco­ra isti­tu­ito?», si chiedono i fir­matari di questo appel­lo, «le cause sono state più d’u­na. La pri­ma di carat­tere cul­tur­ale: i res­i­den­ti e i loro ammin­is­tra­tori pub­bli­ci han­no scar­so inter­esse alla con­ser­vazione nat­u­rale, che forse riten­gono non minac­cia­ta, uni­ta ad una per­sis­tente refrat­ta­ri­età a com­pren­dere i van­tag­gi che il Par­co avreb­bero arreca­to. Si aggiun­gono anco­ra il tim­o­re dei vin­coli visti come lim­i­tazione (ad attiv­ità di chi vede il ter­ri­to­rio come una pre­da), e non come oppor­tu­nità (di con­ser­var­lo e met­ter­lo in duraturo val­ore), e la dif­fi­coltà di fron­teggia­re la lob­by dei cac­cia­tori (700 in tut­to), ed ancor meno, poiché non tut­ti sono contrari».Intanto, il ter­ri­to­rio baldense, sen­za tutela, è espos­to al degra­do. «Qualche inizia­ti­va è sta­ta sven­ta­ta», van­no avan­ti gl iambi­en­tal­isti, «qualche altra no, come quel­la emblem­at­i­ca di Fer­rara di Monte Bal­do: 850 metri sul mare, che accoglie i tur­isti con una stec­ca di 250 appar­ta­men­ti rag­gru­mati, accat­a­sta­ti l’uno sul­l’al­tro, cor­po asso­lu­ta­mente estra­neo al mag­nifi­co pae­sag­gio del luo­go che offendono, squal­i­f­i­cano. Ed altre minac­ce si affac­ciano. Ma ad aggiun­gere altro allarme giunge ora la notizia che la Comu­nità Mon­tana viene sop­pres­sa, sal­vo ripen­sa­men­ti sui quali anco­ra si spera. La Comu­nità, come già è accadu­to nel­la Lessinia, appe­na al di là del­la Val d’Adi­ge, avrebbe potu­to accogliere il Par­co nel suo seno e rap­p­re­sentare l’ente di appog­gio del­lo stes­so sen­za dar vita ad un ulte­ri­ore ente che la Regione non intende creare per ragioni finanziarie. Velleitario sarebbe il propos­i­to di sos­ti­tuire la Comu­nità con un Con­sorzio di Comu­ni per la molteplic­ità degli inter­es­si, la dis­o­mo­geneità delle economie, la diver­sità dei ter­ri­tori, la dif­fi­coltà del coor­di­na­men­to fra le ammin­is­trazioni comu­nali anche a causa del con­testo politi­co che le sostiene».«Queste sono le ragioni», spie­gano Ama­dio, For­men­ti, Massig­nan, Albi, Di Grazia, Napoli­tano e Bian­chi­ni, «che mil­i­tano a sosteg­no del­la Comu­nità e del Par­co del Bal­do e che ci spin­gono a lan­cia­re un appel­lo alla Regione: “Las­ci­ate­ci la Comu­nità, date­ci, dopo 35 anni di atte­sa, il Par­co del Bal­do”. È un appel­lo umile, che parte da ter­ra, dalle erbe, dai fiori, dagli inset­ti, dagli ani­mali e dagli alberi, tut­ti esseri viven­ti sen­za potere, come noi sot­to­scrit­ti. La Regione e gli ammin­is­tra­tori pub­bli­ci usi­no il loro».

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