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Un maxischermo in Piazza Malvezzi, a Desenzano, per seguire la spettacolare rievocazione. Presentiamo alcune note per seguire meglio seguire l'intera manifestazione

La Battaglia che fece l’Italia. Quasi trecento figuranti sotto la Torre di San Martino

  Per il territorio del Basso Garda la memoria dell’unità d’Italia è legata a quella della Battaglia di Solferino e San Martino.    Nel 150° anniversario della Nazione la rievocazione delle vicende del giugno 1859 assume perciò un significato ed un rilievo particolare, sottolineato anche dalla recente inaugurazione del restauro della Torre a cui ha preso parte il Ministro della Cultura Giancarlo Galan. Il gruppo di lavoro del Comune di Desenzano del Garda e la società Solferino e San Martino hanno allestito domenica 28 giugno una spettacolare edizione della rievocazione storica, che prevede la partecipazione di ben 289 figuranti in costume ed armamento d’epoca, oltre a cannoni, cavalli e carrozze. “Si tratta probabilmente” – afferma Bruno Borghi, conservatore della Società – “della principale rievocazione storica italiana, accanto a quella di Magenta”. La manifestazione vera e propria avrà inizio il pomeriggio della domenica alle ore 16, ma verrà preceduta alle ore 11.30 da una spettacolare sfilata per le vie di San Martino dei gruppi storici in costume accompagnati dalla “Marching Band” di Bedizzole. Seguirà un rinfresco. La traccia della rievocazione percorrerà a ritroso, con un ideale “flashback”, alcuni momenti della storia risorgimentale, e cioè la proclamazione del regno d’Italia il 17 marzo 1861, l’incontro di Teano il 26 ottobre 1860 e infine la battaglia del 24 giugno 1859. In piazza Malvezzi verrà allestito un maxischermo dove, a partire dalle 15.30 di domenica, sarà trasmessa in diretta la rievocazione della Battaglia, con replica la sera stessa alle ore 21.  Per l’assessore alla Cultura Emanuele Giustacchini “questo evento va a coronare il programma di celebrazioni aperto dalla ‘notte Tricolore’ il 16 marzo e ne costituisce il momento di maggior richiamo popolare. Il suo successo è frutto del lavoro di anni e della preziosa rete di associazioni e volontari del territorio, che ringrazio di cuore. Ricordo che il programma per il 150° dell’unità d’Italia proseguirà durante l’estate: nei prossimi giorni avremo due concerti in piazza Malvezzi e in luglio manifestazioni teatrali e musicali a Rivoltella”.  SVOLGIMENTO DELLA RIEVOCAZIONE DELLA BATTAGLIA DEL 24 GIUGNO 1859   Ore 16,00  PROCLAMAZIONE DEL REGNO D’ITALIA (17 marzo 1861)   Breve prologo dello speaker. Entra in campo il gruppo di Lendinara che interpreta la nobiltà torinese in attesa della proclamazione dell’unita’ d’Italia. Arriva in carrozza Cavour. Scende. Arriva Vittorio Emanuele in carrozza scortata dal gruppo Aosta.   Il 18 febbraio 1861 si aprì in Torino il primo parlamento italiano e Vittorio Emanuele lo inaugurò con il seguente discorso: Libera ed unita quasi tutta per mirabile aiuto della Divina Provvidenza, per la concorde volontà dei popoli e per lo splendido valore degli eserciti, l’Italia confida nella virtù e nella sapienza vostra.  A Voi appartiene darle istituti comuni e stabile assetto. Nell’attribuire le maggiori libertà amministrative a popoli che hanno consuetudini ed ordini diversi, veglierete perché l’unità politica, sospiro di tanti secoli, non possa mai essere menomata. L’opinione delle genti civili c’è propizia; ci sono propizi gli equi e liberali principi che stanno prevalendo nei consigli d’Europa. L’Italia diventerà essa stessa una garanzia d’ordine e di pace e ritornerà strumento efficace della civiltà universale.   Il 21 febbraio Cavour presentò al Senato uno schema di legge per la proclamazione di Vittorio Emanuele a Re d’Italia. Il disegno fu approvato il 26 febbraio; presentato alla Camera l’11 marzo fu discusso il 14 ed approvato all’unanimità per acclamazione il 17: Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo Unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come Legge dello Stato. da Torino addì 17 marzo 1861   Il Re e Cavour risalgono sulla carrozza e scortati dai cavalieri abbandonano il campo dall’ingresso principale. La banda intona un motivo.   ore 16,15  INCONTRO DI TEANO (26 ottobre 1860)   Lo speaker illustra cosa accadde prima di Teano. Un drappello di Garibaldini entra in campo dal bosco. Suona intanto l’inno di Garibaldi. Tutti, al termine restano in breve attesa. Dall’ingresso entra la carrozza con Vittorio Emanuele, seguita da Aosta Cavalleria.  I due scendono da cavallo e carrozza e si stringono la mano al centro del campo, mentre viene letto il testo di Abba:   Ad un tratto, non da lontano, un rullo di tamburi, poi la fanfara reale del Piemonte, tutti a cavallo! In quel momento, un contadino, mezzo vestito di pelli si volse ai monti del Venafro e con la mano alle sopracciglia fissò l’occhio forse a leggere l’ora in qualche ombra di rupi lontane. Ed ecco un rimescolìo nel polverono che si alzava laggiù, poi un galoppo, dei comandi e poi “Viva! Viva! Il re! Il re!”. Mi venne quasi buio per un istante ma potei vedere Garibaldi e Vittorio Emanuele darsi la mano e udire il saluto immortale “Salute al Re d’Italia!”. Eravamo a mezza mattinata. Il dittatore parlava a fronte scoperta, il re stazzonava il collo del suo bellissimo storno che si piegava a quelle carezze come una sultana. Forse nella mente del generale passava un pensiero mesto. E mesto davvero mi parve quando il re spronò via ed egli si mise alla sinistra di lui e dietro di loro la diversa e numerosa cavalcata. Ma Seid, il suo cavallo che lo portò nella guerra, sentiva forse in groppa meno forte il leone e sbuffava e si lanciava di lato, come avesse voluto portarlo nel deserto, nelle Pampas, lontano da quel trionfo di grandi.   Al termine tutti escono dal campo, dallo stesso ingresso dove è arrivato Vittorio Emanuele. Scendono in campo i componenti del gruppo “Lendinara” vestiti da popolani che intonano un ballo.   Ore 16,30 SPARI DALL’ESTERNO DEL CAMPO ALLERTANO IL GRUPPO CHE DANZA   Entra in campo l’armata austriaca in pattugliamento, che interrompe la manifestazione del gruppo di Lendinara. Sulla parte opposta del campo si posiziona l’esercito Sardo Piemontese che entra accompagnato dall’Inno Sardo. L’armata imperiale si posiziona in formazione mentre suona l’inno Austriaco. Dalla stessa, sotto l’ordine del generale von Benedeck, si allunga un gruppo di Jager di Ossato per perlustrare il terreno. Si sentono gli echi dell’episodio di Solferino, dove gli scontri durano già da alcune ore. Dalla parte del bosco escono il gruppo di Zuavi e la Fanteria del 100°, che armeggiano alla bajonetta con un gruppo di austriaci. Risuona pure la Marsigliese. A sua volta lo stato Maggiore alleato dà ordine all’Aosta di effettuare una ricognizione e di riferire sulla presenza di truppe nemiche.    “Non era ancora spuntato il sole quando fui desto dal cupo rombo del cannone che veniva di lontano verso nord. Erano i Francesi, che s’erano scontrati col nemico nelle vicinanze di Solferino e nel piano di Medole. Verso le sette fu suonata la riunione e la mia brigata col battaglione bersaglieri e una batteria, si mosse, tenendo la ferrovia Desenzano-Peschiera. Il cielo era uno splendore: non una nube errava nella sua limpidezza e i raggi del sole già alto indoravano dalla vetta al piede il monte Baldo dominante lo spazioso piano del Benaco, le cui acque, immobili per la calma dell’atmosfera, a noi che le miravamo dall’alto del terrapieno su cui procedevamo, davano l’apparenza d’immenso argenteo specchio. Chi avrebbe in quel momento pensato che la giornata, preannunziantesi così stupenda, sarebbe stata l’ultima per tante giovani e balde esistenze che in quell’ora esuberanti di salute ed energia sentivano di godere dell’esistenza in mezzo a quella gloria della natura! Si camminava a passo accelerato mentre il cannone tuonava con grande violenza a Solferino e di fronte a noi la fucilata andava via via facendosi più densa. Era la nostra ricognizione che s’era scontrata col nemico, occupante le alture di S. Martino. Incalzata da forze soverchianti, dopo qualche resistenza fu scompigliata, e noi cominciammo a scorgere fra i campi della sottoposta pianura, drappelli di soldati sbandati in ritirata. Alcuni di essi che passavano a portata di voce ci gridavano: ‘Fa caud, curagi! andé a piè la medaia de piomb’. Feliciano Terzi, volontario della brigata Cuneo (3a divisione Durando).   Alla vista dei cavalleggeri gli Jeger aprono il fuoco e viene dato l’allarme alle truppe Imperiali. L’Aosta rientra e riferisce i movimenti, dando l’ordine d’allarme.  Entra in campo il 51° KK e si schiera in rinforzo ad esso il 16° KK.  Viene dato ordine alla guardia ed agli zuavi di prendere contatto con il nemico Il 100° di Linea rimane di riserva a qualche metro dagli zuavi, una carica conclude il primo assalto  Si scambiano alcune scariche di fucileria, i reparti serrano e si preparano ad un assalto; a contatto avvenuto gli zuavi si ritirano.  Il 51° e il 16° guadagnano terreno e avanzano di qualche metro. I francesi aprono il fuoco sui reparti che avanzano, mentre il 51° e il 16° si trincerano e non mollano il terreno.   Rifacemmo, sempre incalzati dal nemico, lo stesso cammino che poco innanzi avevamo vittoriosamente percorso e fu appunto durante la ritirata che avemmo a soffrire le maggiori perdite. Retrocedevamo al passo e allorché c’imbattevamo in un filare di gelsi o in una siepe, facendo passar parola dall’uno all’altro, ci fermavamo e tenendoci al coperto il più possibile, lasciavamo avvicinare gli Austriaci, facevamo fuoco e riprendevamo a retrocedere ricaricando intanto il fucile, finchè non incontrassimo una nuova posizione che offrisse qualche difesa. Continuavamo a batterci e ritirarci. Ad ogni sosta mancava sempre qualcuno della Compagnia. Al Roccolo la nostra difesa fu strenua. Protetti dalla fitta piantagione, potemmo sostenerci a lungo e se fossimo stati soccorsi da freschi battaglioni, da quella posizione gli Austriaci non ci avrebbero sloggiato.   Qui tutto si ferma, ci si scambia qualche colpo di fucile, i soldati si dissetano e controllano le armi.  All’estrema sinistra dello schieramento alleato viene dato ordine ai Cacciatori delle Alpi di impegnare il nemico, che con spirito Garibaldino vanno all’assalto sparando alcuni colpi.  Viene dato ordine al 14° KK  di contrastare i Cacciatori, un primo assalto è respinto ma i Cacciatori delle alpi avanzano, una decisa carica da parte degli austriaci ferma gli attaccanti, i reparti Imperiali si portano su posizioni d’attacco. L’Aosta viene mandato in soccorso dei cacciatori; una controcarica respinge gli Imperiali che ripiegano su posizioni difensive.  I reparti si dissetano, controllano le armi e si scambiano qualche colpo di fucile, gli Ufficiali comandano attività di pattuglie lungo la loro linea.  Viene dato ordine al 45° KK, rinforzato dal Battaglione Estense e da aliquote del 7° KK, di posizionarsi al centro dello schieramento. Inizia un fuoco di fucileria dal centro verso i lati. L’Aosta carica il centro avversario; intanto i Bersaglieri guadagnano il centro dello schieramento alleato ed iniziano a sparare. Gli altri reparti si scambiano continui colpi di fucile in alternanza.  Viene dato l’ordine di entrare in linea, al centro dello schieramento, alla fanteria Sarda, mentre i Bersaglieri proteggono il dispiegamento della fanteria. Avanzano scontrandosi con gli Imperiali in una prima carica e tornano sulle posizioni di partenza.  I soldati anche qui si dissetano controllano le armi, fanno rifornimento di munizioni, ecc. Gli Zuavi riprendono l’iniziativa, dopo qualche colpo di fucile con una carica decisa fanno sloggiare gli austriaci dalla posizione e li riportano a trincerarsi sulla prima posizione. Ll’azione insistita degli zuavi ed una carica dell’ Aosta gli permettono di conquistare la posizione.  Lo Stato Maggiore Imperiale porta in linea tutta l’Armata, schiera tutti i reparti a formare un’unica linea contro gli alleati. Continui colpi di fucile da parte dei reparti si abbattono sui Franco/Piemontesi che vacillano.  All’estrema sinistra riprende vigore l’azione dei Cacciatori delle Alpi, che avanzano e fanno perdere terreno agli Imperiali, che ripiegano leggermente verso il centro del loro schieramento.  Ora è tutto il fronte che spara, da entrambi gli schieramenti partono continue scariche di fucileria e di artiglieria.    Dato il segnale dell’attacco, le musiche di tutti i reggimenti intonarono la marcia reale, mentre le trombe e i tamburi battevano la carica. La gagliarda armonia delle musiche, lo squillare delle trombe, il rullare dei tamburi erano rinforzati dall’incessante rombo dei cannoni e dal crepitio della fucilata a cui si univa il grido di: Savoia! che usciva da migliaia di petti; e tutto ciò produceva tale un effetto che io mi sento incapace di descrivere. Tutto questo non avrà certamente mancato d’impressionare il nemico, il quale, assalito con nuovo impeto da ogni parte, dopo una valorosa resistenza, cominciò a vacillare ed a cedere: e noi toccammo la vetta del colle e finalmente lo tenemmo. Erano le 20…Da quel momento la vittoria era assicurata e il nemico ormai in piena ritirata era salutato a colpi di cannone, il cui fuoco non cessò che a notte fatta.   Lo Stato Maggiore Imperiale da ordine di contrattaccare per alleggerire la pressione venutasi a creare ai lati, gli Ufficiali danno l’ordine tutta la linea Imperiale si muove in avanti, (5 minuti)  Gli Alleati dopo un primo timido accenno di ripiegamento rimangono fermi sulle posizioni, tutti i Cavalieri attaccano le linee Imperiali l’azione degli Austriaci si ferma ora sono gli alleati cbe prendono vigore.  Alla presa di contatto, gli Imperiali oppongono una debole resistenza ma poi indietreggiano e si danno alla fuga, gli JEGER, proteggono la ritirata. Nessuna bandiera per nessun motivo deve essere catturata,  Rimangono sul campo morti e feriti. Rientra il gruppo di Lendinara che assiste e soccorre i feriti rimasti sul campo. (qualche minuto di sosta)   Il sole del 25 illuminò uno degli spettacoli più raccapriccianti che si possano immaginare. Il campo di battaglia è coperto ovunque di cadaveri d’uomini e di cavalli; le strade, i fossati, i burroni, i cespugli sono disseminati di corpi morti e i dintorni di Solferino ne sono letteralmente cosparsi. I campi sono devastati, il frumento e il granoturco sono calpestati, le siepi rovesciate, i frutteti saccheggiati; di quando in quando si incontrano pozze di sangue. I villaggi sono deserti e portano le tracce delle devastazioni provocate dalla fucileria, dai razzi, dalle bombe, dalle granate e dagli obici; i muri sono sgretolati e trapassati dalle palle, che hanno aperto larghe brecce; le case sono squarciate, lesionate e diroccate; gli abitanti, che hanno trascorso quasi venti ore nascosti e rifugiati nelle loro cantine, senza luce e senza cibo, cominciano a uscirne con un’aria di sgomento che testimonia il terrore a lungo sofferto.  Henry Dunant   Lo Stato Maggiore Franco/Piemontese, prima, poi quello Austriaco, danno l’ordine di serrare le fila.  Si formano i gruppi bandiera; i reparti sono schierati su di un’unica fila, e ci si appresta a dare il segnale della carica generale: tre scariche di fucile, alla quarta ricarica i fucili vengono portati sullo “spal arm”. Qualche minuto di silenzio scende sul campo di battaglia.    I rappresentanti dei tre eserciti danno l’ordine: divisione per passo ordinario avanti marsc, dopo qualche metro ordine di attenti foc, si fa fuoco e poi l’ordine caricat.   Schieramento davanti al palco della Autorità con gli altri reparti. Rassegna degli schieramenti mente risuonano gli Inni nazionali.  Sfila il tricolore portato dal gruppo Alpini di Desenzano. Salva finale in onore dei Caduti con tromba solista che suona il silenzio. Ammaina bandiera sulle note del riposo.    Una sorpresa tricolore dal cielo chiuderà la manifestazione.  

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