Il carpione è un pesce esclusivo del Garda: vive solo nelle acque benacensi, anche se c’è chi si ostina a sostenere che lo si può trovare anche in altri laghi. Ma ormai di carpione ce n’è poco o nulla. E pensare che nei tempi antichi veniva usato dalla Serenissima come dono di rappresentanza presso le corti principesche di tutt’Europa. All’epoca lo si conservava fritto e spruzzato d’aceto e poi avvolto in foglie d’alloro. Oggi fra i pochi fortunati che si possono concedere il raro lusso di mangiarlo esistono due differenti e contrapposte scuole di pensiero. C’è chi dice che lo si debba cucinare ai ferri e chi invece lo vuole rigorosamente lessato. I sostenitori dell’una e dell’altra tesi sono disposti ad accapigliarsi. Gli esponenti dell’uno e dell’altro partito del bipolarismo carpionista devono tuttavia tenere a mente due avvertenze. Cominciamo con chi il carpione lo fa lessare, tendenza probabilmente minoritaria. In questo caso occorre badare che il court-bouillon sia parco, non esagerato di sapori. E poi il pesce deve essere avvolto in una pezza bianca prima d’immergerlo nel liquido di cottura. Il carpione ha infatti nella delicatezza delle carni il pregio maggiore e quindi delicato dev’essere anche il trattamento riservatogli. E poi per un pesce così raro e «leggendario», un po’ di «ritualità» non guasta. E veniamo a chi il carpione, e sono i più, lo predilige in graticola. In questo caso il rito vuole che lo si faccia passare pian piano al calore della brace d’olivo, pennellandolo con poco olio perché non si attacchi ai ferri arroventati. Niente rosmarino, niente salvia, niente aglio: rovinereste la soavità delle carni. Giorgio Gioco, maestro della cucina veronese, così spiega: «Si prepara un braciere di legni d’olivo e sulla griglia rovente si depone il carpione pulito, appena unto con un po’ d’olio. Girarlo delicatamente senza pungerlo con la forchetta e spolverizzarlo con sale e pepe. Il carpione è cotto quando, facendo pressione con un dito, si sente che le carni cedono». A cottura ultimata, nell’uno e nell’altro caso badate poi che sul piatto non ci sia altro che il carpione, bollito o cotto ai ferri che sia, irrorato appena con un filino sottile d’olio extravergine del Garda. Niente limone, che cuoce di nuovo le carni. E niente burro fuso, anche se in qualche trattoria sono pronti a spergiurare che così se ne esalta il sapore. C’è poi chi ai puristi non vuol proprio dar retta, e allora il carpione lo propone, dopo averlo lessato per mezz’ora, con una salsa di sardelle di lago salate o d’acciughe o d’alborelle in salamoia, dopo aver spolverizzato i filetti con la cannella. Buona ricetta, ma preferibilmente per pesci meno nobili e rari. Aggiunge Gioco che «se, oltre a gustare il carpione, avete la fortuna di godere la vista del lago, potrete capire come poeti di tutti i tempi abbiano dedicato liriche a questo Benaco incomparabile».
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L’esclusivo carpione serenissimo regalo oggi quasi scomparso. Meglio alla graticola o lessato? Si affrontano due scuole di pensiero
La cucina del Garda
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