L’oro di Dongo, se si trova al Vittoriale, per il momento può aspettare. Dopo i due tentativi andati a vuoto, prima con la ruspa nel giardinetto d’ingresso a piazza Esedra, e poi con l’apertura della pietra tombale che copre la prima cappella dove fu sepolto Gabriele D’Annunzio, sembra che ora nessuno più voglia prendersi la responsabilità di scavare o aprire muri tombali. L’ultimo ordine da parte della direzione della Fondazione Vittoriale l’hanno ricevuto i giardinieri già venerdi, quando Giovanna Ciccarelli, consigliere di amministrazione, ha dato l’ordine di rimettere a posto il giardino che la pala della ruspa aveva rivoltato in quattro punti attorno alle pietre che ricordano le battaglie sul Carso. Anche questo giardinetto rappresenta un’angolo significativo del Vittoriale voluto dal D’Annunzio negli anni tra il 1922 ed il 1938, periodo nel quale visse a Gardone Riviera con a fianco l’architetto Giancarlo Maroni, autore di tutte le progettazioni che realizzarono le idee del Vate. Ma ora è certo che in quel «giardinetto del Carso» quel tesoro, con le documentazioni del carteggio Mussolini-Churcill ed altro, non c’è davvero nonostante le indicazioni della veggente Maria Rosa Busi. Quindi i fratelli Rizza, responsabili del settore giardinaggio e manutenzione dei beni statali che arricchiscono il Vittoriale, hanno sistemato definitivamente quell’area. La veggente aveva però detto alla presidente del Vittoriale Anna Maria Andreoli e al sindaco di Gardone Alessandro Bazzani che parte dell’Oro di Dongo si poteva trovare in almeno tre posti all’interno del Parco del Vittoriale. Come già detto, due posti sono già stati individuati ma non è stato trovato nulla. Ne rimarrebbe quindi un altro ma non si sa «dove, quando, come e se» verrà mai effettuata la terza operazione. Il «dove» lo sa soltanto la veggente, che si guarda bene dal rivelarlo poichè esiste un accordo scritto con la Andreoli e con il sindaco Bazzani che le riconosce «per legge» una percentuale «in caso di ritrovamento del tesoro». Il «quando, il come ed il se» dipendono dai dirigenti della Fondazione Il Vittoriale il quale a sua volta dipende dal Ministero dei Beni Culturali poichè il D’Annunzio donò, quando ancora era in vita, tutta l’area del Vittoriale allo Stato Italiano. Sarebbe uno schiaffo alla storia e alla ricerca della verità, se ora le ricerche venissero interrotte definitivamente. Non si parla pubblicamente della questione, avvolta dal mistero da circa 60 anni, dai tempi del processo di Padova svoltosi nel 1957 proprio sui misteri di quella sparizione e durante il quale avvenne l’ultima «strana» morte di un giudice popolare. A quel processo, in Corte d’Assise presieduta da Augusto Zen, furono portati 36 imputati, si protrasse per 44 udienze in 4 mesi, vennero ascoltati 299 tra testi e parti lese, furono scritte 798 pagine di verbali ma tutto finì malamente. Poco dopo un sopralluogo sul lago di Como, il giudice popolare Silvio Andrighetti, imprenditore di Piove di Sacco, colto da profonda depressione si tolse la vita. Era il 13 agosto 1957 e fu forse lui l’ultima vittima dell’Oro di Dongo. I due servizi televisivi, apparsi su RaiTre il 30 agosto ed il 6 settembre scorso hanno accennato a centinaia di uccisioni, strani suicidi e persone scomparse dopo l’aprile del 1945, tutti che avevano avuto a che fare con l’Oro di Dongo. Fatto sta che il processo di Padova venne bloccato nell’estate del 1957 e tre successive amnistie cancellarono per sempre il «caso». Pochi mesi dopo una delegazione politica si presentò a casa Mussolini per consegnare, chiusi in una cassetta di legno per il sapone, i resti di Benito Mussolini, dopo 12 anni dalla sua uccisione. Mai nessuno fece però l’esame del Dna a quei poveri resti. Fu un caso se nello stesso anno si volle mettere la parola fine su due vicende molto importanti per la Repubblica Italiana? E chissà che non siano questi nostri misteri nel Vittoriale a far nascere l’idea di una speciale commissione di esperti (storici, giornalisti, avvocati e giudici) che affrontino una volta per tutte, con criterio scientifico, uno dei più intricati fascicoli della recente storia italiana.
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Dopo l’esito infruttuoso degli scavi effettuati nei due punti indicati dalla veggente Maria Rosa Busi. Sospese le ricerche, i giardinieri hanno rimesso a posto la terra