venerdì, Aprile 19, 2024
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Piergiorgio, noto ottico rivano, li porta in Tanzania e li adatta per i più poveri

Occhiali usati? Donateli ad Armani: sono oro

Ad Ikonda, Tanzania, c’è un ospedale tenuto dai missionari della Consolata di Torino. Serve una popolazione di 250 mila persone e dispone di 220 posti letto. Lì vivono di un’agricoltura di sussistenza, un po’ di artigianato, ma sono poveri quanto è possibile esserlo in Africa. Dar Es Salaam, la capitale, dista 950 chilometri, e nessuno ha i soldi per pagarsi un viaggio fin là a farsi vedere gli occhi. Così accade che una ragazza di 17 anni sia dichiarata matta dalla collettività, allontanata dalla scuola, abbandonata a se stessa perchè camminando non vede gli ostacoli, urta dappertutto, non evita le buche per terra e sbatte in continuazione gli occhi.Poi accade che una dottoressa le guardi dentro gli occhi, riscontri una miopia spaventosa, da 15 diottrie che le lascia un sessantesimo della vista normale, le prescriva un robusto paio di lenti. E che un ottico le confezioni questi occhiali e la restituisca alla vita. E’ solo uno dei cento aneddoti che Pier Giorgio Armani, il primo ottico con bottega a Riva in via Gazzoletti, e Adriana Bonora, varonese e medico alla clinica oculistica dell’Università di Verona, possono raccontare dopo che dal ’92 hanno speso tre settimane ogni anno delle rispettive ferie per andare laggiù a fare i volontari. A chiamarli dal Togo, dove avevano cominciato nell’ ’88, è stato padre Franco Cellana, missionario, nativo di Tiarno, oggi passato in Kenia. A Ikonda oculista ed ottico sono attesi da Aidan Mkalaua, infermiere tuttofare. C’è un ambulatorio attrezzato con un microscopio chirurgico e l’attrezzatura del laboratorio. La cataratta, nè curata nè combattuta, porta la gente alla cecità totale. La dottoressa Bonora, l’ultima volta, ne ha operati 40. Arrivano per farsi operare completamente ciechi, tengono nella mano un bastone lungo un paio di metri: all’altra estremità un bambino, uno dei nipoti di cui abbonda ogni famiglia, li guida. Dopo qualche giorno Giorgio Armani completa l’opera con gli occhiali e tornano a vedere, non solo sagome ma abbastanza da cavarsela: cinque o sei decimi. E’ accaduto ad una professoressa, rimasta sola con tre figli da mantenere, impossibilitata a continuare il suo lavoro perchè non riusciva più nemmeno a seguire le parole sulle pagine del libro. L’infermiere indigeno, allevato negli anni dalla dottoressa Bonora, esegue le terapie, cura gli ascessi: resta in contatto tutto l’anno per farsi aiutare nei casi difficili. Non è ancor tempo per lui di operare: chissà… Giorgio Armani ha ideato e realizzato una montatura particolare per gli indigeni di etnia bantu che hanno il naso largo ed un setto molto schiacciato. In tre settimane costruisce un centinaio di occhiali, utilizzando montature e lenti preventivamente spedite dall’Italia. Lenti di vetro e montature di celluloide sono le più resistenti, le cerniere arrugginite vengono sostituite, cambiate le aste rotte. C’è bisogno di soldi: Armani sta cercando 45 milioni per mettere in piedi un ambulatorio ginecologico ed uno oculistico ad Ujewa. La povertà è contagiosa e diventa difficile aiutare uno e dire di no ad un altro. Per Ikonda, dove torneranno anche quest’anno a settembre, Pier Giorgio Armani chiede occhiali vecchi. In molte case, in fondo ai cassetti, ce ne sono parecchi, da sole e da vista. Piuttosto che lasciarli lì, si potrebbero regalare, anche se hanno una lente rotta ed una stanghetta sola. In cambio, se non è ricompensa eccessiva, si potrebbe avere una compartecipazione ai ringraziamenti che l’infermiere Mkalaua ha scritto sull’ultima lettera. «Per tutte queste gentilezze noi non possiamo dirti niente, se non Asante Sana», che vuol dire molte grazie. Ed aggiunge poi: «un bambino non può pagare per il latte di sua madre».

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