domenica, Aprile 28, 2024
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Un anno e mezzo fa l’«invasione» di piante acquatiche, poi le morie di pesci e i decessi di cigni forse a causa di tossine prodotte dalle alghe

Quanto al futuro, non c’è motivo di stare allegri.

Quanto al futuro, non c’è motivo di stare allegri. «Purtroppo», sottolinea il biologo. «si sta andando verso un lento ma inarrestabile peggioramento della qualità delle acque del lago. Un peggioramento che se non verrà fermato, entro trent’anni potrebbe causare il divieto dell’utilizzo dell’acqua del lago come acqua potabile (le pompe la prelevano a Brenzone, Garda, Torri, Castelletto e Pai. Quindi l’acqua viene resa potabile, analizzata e immessa nella rete idrica, n.d.r. ), oltre e rendere impossibile la balneazione. La direzione verso cui stiamo andando è questa, l’unico modo per rallentare il processo è migliorare l’efficienza del collettore e smettere di immettere scarichi accidentali nel lago, scarichi cioé provenienti dalla rottura delle tubazioni, causata spesso da forti temporali. Cosa che sta tuttora avvenendo, perché quando i tubi del collettore sono troppo pieni e quindi rischiano di esplodere, scaricano al centro del lago. Con il risultato che poi l’acqua si mescola e i reflui si diffondono». Insomma, se il lago corre il rischio di ammalarsi, la causa è una sola: gli escrementi umani. Per ora, però, la situazione è sotto controllo e, anche se sono state chiuse alcune spiagge, fenomeni strani in questi ultimi mesi non se ne sono manifestati. E sarebbero sicuramente stati individuati, perché Franzini e i tecnici impiegati nel suo ufficio hanno monitorato il lago ogni giorno. Sono stati prelevati moltissimi campioni d’acqua e sono state studiate le alghe e le macrofite, cioé le piante acquatiche, la cui lunghezza varia da pochi centimetri a tre metri, che erano state le colpevoli dell’«invasione» di un anno e mezzo fa, quando hanno coperto come moquette il lungolago di Desenzano, Sirmione e Peschiera. Un tappeto viscido e puzzolente la cui rimozione è costata decine di milioni ai Comuni interessati che hanno dovuto portare le alghe in discarica. Negli ultimi mesi però non ci sono stati problemi. Anzi, si è registrata una diminuzione delle alghe che non dipenderebbe però, come qualcuno ha ipotizzato, dall’uso dei diserbanti, come assicura Ivano Confortini, ittiologo della Provincia. «Non abbiamo usato alcun preparato», spiega, «e non mi risulta che l’abbia fatto qualcun altro, anche perché è difficile usare diserbanti senza che nessuno se ne accorga. Quanto alle alghe, le segnalazioni che abbiamo confermano una loro diminuzione, ma questo dipende esclusivamente dai fattori climatici». Quali? Presto detto. La crescita delle macrofite e delle alghe viene influenzata dalla trasparenza dell’acqua che dipende dal moto ondoso, quindi dal vento (più l’acqua è limpida più passa la luce che le fa crescere), dai nutrienti presenti sul fondo (l’emissione di reflui urbani fungerebbero da concime e farebbe sviluppare le piante) e dal livello dell’acqua (le macrofite crescono meglio a una profondità non superiore ai dieci metri). Eppure quando nel ’99 si è verificata l’invasione delle macrofite, un fenomeno insolito che non è mai stato registrato finora in nessun altro lago italiano, non era stata rilevata alcuna sovraproduzione di macrofite. «Stiamo proseguendo le indagini con l’Autorità di Bacino del Po di Parma, con l’Appa (Agenzia provinciale per l’ambiente) di Trento, il Cra (Centro rilevamento ambientale) di Sirmione e il Cnr (Centro nazionale ricerche) di Milano che hanno collaborato con noi per la campagna di campionamento a riva e per quella di telerilevamento via satellite, ma occorreranno altri tre anni per avere dati sicuri, perché il ciclo vitale di queste piante acquatiche dura un anno e quindi occorre tempo per confrontare i dati delle diverse «annate». Di qui la difficoltà di arrivare subito a una conclusione. Il rischio è infatti quello di pensare che un fenomeno possa riapparire quando in realtà potrebbe essere un caso unico, come è accaduto ad esempio anni fa nell’Adriatico per la mucillaggine, scomparsa da sola, così com’era venuta». Senza dimenticare che studi così approfonditi sulle macrofite sono iniziati solo nel ’99, a seguito dell’«invasione», quindi non esistono dati degli anni precedenti. «Per le conoscenze finora a nostra disposizione non si prevede che l’anno prossimo possa riaccadere un fenomeno simile», sottolinea Franzini. «Quest’anno la produzione di macrofite è stata normale: dall’inizio di aprile abbiamo fatto ricognizioni in tutte le zone a rischio, da Lazise a Manerba. Le abbiamo analizzate palmo a palmo, controllando anche se ci fossero fenomeni di distacco dal fondo del lago, com’era avvenuto nel ’99 per una causa ancora sconosciuta. I risultati di queste analisi saranno pronti il 10 gennaio. Quanto alla strana moria di pesci e cigni, Franzini crede che si tratti di un’infezione da Aeromonas , batteri ambientali normalmente presenti nell’acqua in quantitativi non elevati. «In questo caso, però, abbiamo rilevato un aumento della loro concentrazione», afferma. «Gli studi procedono e il collettore è uno degli indagati, ma non è il solo, perché potrebbero esserci anche scarichi abusivi o accidentali. Nel giro di un anno conosceremo la verità».

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