«La polenta e osei e lo spiedo sono piatti che vanno difesi, anzi sono uno degli orgogli della nostra provincia». Risponde così l’assessore provinciale Alessandro Sala al deputato di Forza Italia, Osvaldo Napoli, vice presidente dell’Anci, che nei giorni scorsi in merito all’attività venatoria e al tradizionale piatto delle valli, aveva parlato di «lassismo e di vere e proprie omissioni da parte di talune amministrazioni che si arrogano il diritto di tollerarla in nome delle consuetudini locali e per il quieto vivere». «Non ne possiamo più di questi sterili attacchi — ha detto Sala — d’ora in avanti chi accuserà le istituzioni bresciane di lassismo nei confronti di chi viola la legge e taccerà i cacciatori in genere con l’epiteto di bracconiere rischia la querela». Nell’occhio del ciclone, come sempre quando si parla di caccia, ci sono le valli bresciane dove la pratica è largamente diffusa, ma l’assessore provinciale non vuole più che la parola cacciatore venga accostata a quella di bracconiere. «Il Consiglio provinciale anche in passato ha deliberato e approvato dure disposizioni che prevedono pesanti sanzioni e il ritiro del tesserino venatorio per chi non rispetta la legge, ma continuiamo a sentirci tacciare di lassismo. Durante i due mesi di apertura della caccia — sottolinea Sala — il territorio delle valli è praticamente presidiato dalle guardie della Forestale, dalla Polizia provinciale, dai nostri volontari; poi arriva chi dorme per 10 mesi all’anno e criminalizza la nostra gente in occasione dell’apertura della stagione venatoria. «Si occupano del territorio per 40 giorni e credono di risolvere il problema. Non siamo ciechi, il bracconaggio esiste — riprende Sala — e cerchiamo di combatterlo, soprattutto cambiando la cultura, entrando nelle scuole, come abbiamo fatto, non possiamo pensare di cambiare le persone creando uno stato di polizia». Questo non significa che il territorio non sarà tenuto sotto controllo. Come sottolineato dall’assessore, sarà garantita la sorveglianza con la presenza costante di cinque pattuglie della Polizia provinciale, due pattuglie della Forestale, due pattuglie di volontari e cinque pattuglie di agenti del Noa (Nucleo operativo antibracconaggio) inviato da Roma. E proprio su questi agenti si apre una polemica che l’assessore Sala liquida con poche parole. «A questi agenti del Noa — dice Sala — chiedo solo di rispettare i cacciatori. Mi domando però se, invece di questi rinforzi mirati, non sarebbe meglio rafforzare di una decina di unità il corpo della Forestale di Brescia, che è carente di personale». Non ci sono conferme ufficiali, ma pare che anche quest’anno da Roma arriveranno una trentina di agenti che, fino al 31 gennaio, rimarranno sul territorio. A conferma dell’effettivo impegno della Provincia al pattugliamento del territorio in periodo di caccia, l’assessore sfodera il resoconto delle attività dell’anno scorso, quando sono stati sequestrati quasi 18 mila archetti, 268 reti, 44 lacci e 49 fucili. A questo si aggiungono 174 verbali penali di caccia e 2 di pesca. L’assessore Sala si accende parlando di alcuni episodi che hanno visto «mal rappresentata» sulla stampa e la televisione nazionale la realtà bresciana in merito all’attività venatoria. «Non posso sopportare — incalza l’assessore — che la nostra storia venga strumentalizzata, che chi non conosce affatto la nostra realtà continui a denigrarla senza cognizione di causa, è un ritorno a tempi bui che poco hanno a che fare con l’educazione della società civile bresciana e con le prospettive di federalismo e di controllo del territorio». Per tutelare l’immagine della Provincia e delle amministrazioni locali in genere, l’assessore Sala è pronto ad adire alle vie legali anche contro l’onorevole Osvaldo Napoli. Anche Beppe Dattoli, presidente dei ristoratori bresciani e presidente dell’Accademia Arti e mestieri della buona tavola, si sente chiamato in causa e va al contrattacco: «Come ristoratori non ci sentiamo affatto i ricettatori dei bracconieri, non si può condannare una categoria senza averne il riscontro, chi non conosce la nostra tradizioni e la nostra cultura enogastronomica non può esprimersi così. Noi rispettiamo la legge e utilizziamo solo quanto è concesso. Ci piacerebbe un confronto diretto con l’onorevole. Ultimamente i ristoratori sono il capro espiatorio di tutto quanto accade nel nostro Paese».
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