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Alessandro Reversi oggi appende il volante al chiodo. Grande appassionato di Ferrari e Schumacher fu tra i pionieri del servizio pubblico

«Troppe auto, non mi diverto più» A 92 anni riconsegna la patente

Alessandro Reversi, di origine trentina ma residente a Peschiera, ha festeggiato il compleanno all’invidiabile età di 92 anni. Il suo punto di forza è la salute: sveglia alle 5 del mattino, camminata solida senza bastone e lettura senza occhiali (nemmeno per le piccole didascalie). Per la ricorrenza delle 92 primavere ha preso una decisione importante: oggi abbandonerà ufficialmente la patente di guida. Lungi dal non essere in grado di pilotare una vettura, l’arzillo nonnetto arilicense ha deciso di appendere il volante al chiodo per il suo grande senso di responsabilità: «il traffico è ormai caotico», spiega «e non mi diverto più come una volta; quindi meglio lasciare la carreggiata ai giovani e a chi ne ha di bisogno!» Che fosse ancora capace di guidare, Reversi lo ha dimostrato solo pochi mesi fa, facendosi un giro in paese nientemeno che con una Ferrari F355 gentilmente prestata dal noto preparatore automobilistico tedesco Riccardo Haman. In quell’occasione si tolse la voglia di farsi quattro sgommate in paese (lontano dai vigili), tenendo fede alla sua passione per la rossa di Maranello e per Schumacher in particolare. Reversi con la propria auto si è mosso, fino a ieri, in lungo e in largo, spingendosi fino alle tortuose strade dell’Alto Adige per le visite di rito ai parenti di famiglia. Nella sua vita di chilometri ne ha percorsi veramente tanti. Negli anni ’30, appena presa la patente, ha guidato un camion Citroen 6 cilindri: quello mitico con fari esterni e baule applicato a sbalzo sulla fiancata; con esso trasportava persone. Passò poi al trasbordo di sabbia e materiali vari al volante dei camion Mercedes classici degli anni ’40, senza servocomandi, riscaldamento e agevolazioni meccaniche di sorta. Gli anni della guerra li solcò sempre sui mezzi pesanti: da militare pilotò dai Fiat 626 al Bianchi Milles, dall’Isotta Fraschini a quanto altro si poteva trovare allora. Alla fine del conflitto si trovò ancora una volta a tu per tu con i camion, lavorando prevalentemente con i mezzi pesanti della OM in particolar maniera con il Super Taurus. «Un’amico», fa notare «all’epoca scherzava scanzonando il fatto che OM stesse a significare Omo Martire, ovvero oberato di lavoro… (nella realtà la sigla OM significa Officine Meccaniche)». In tal periodo acquistò pure una Moto Guzzi, giusto per intercalare la guida con un mezzo dal sapore diverso. L’epopea del camion finì negli anni ’60, periodo nel quale Alessandro Reversi intraprese una nuova avventura, sempre al volante ma questa volta di un’auto: diventò automobilista allora chiamato di «servizio pubblico», più semplicemente il classico tassista di oggi. Fu uno dei pionieri che aprì il concetto di taxi quale supporto al nascente movimento turistico sul lago di Garda. Con la targa taxi macinò milioni di chilometri sempre rigorosamente a bordo di automezzi dell’italiana Fiat: dalla proverbiale 1300 alla possente 2300, per approdare infine alla serie delle Fiat 124. Una vera e propria fedeltà alla casa automobilistica torinese. Con quest’ultima vettura, dopo vent’anni di scorrazzate sul Garda, è andato in pensione alla fine degli anni ’70. Ben lungi dal demordere, in ben 30 anni di pensione ha macinato altri migliaia di chilometri a bordo di una Fiat 128, con la quale in questi giorni ha concluso la carriera di automobilista.

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