giovedì, Aprile 25, 2024
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L’annuncio del sindaco durante il convegno. Gran pubblico in municipio per sentire la storia dai testimoni

Presto una strada dedicata a tutte le vittime delle foibe

Le foibe e l’esodo. Una storia che scotta ancora e che ancora fa discutere. Caprino presto intitolerà una via alle vittime di quella tragedia. Sulla tragedia delle foibe ancora oggi è difficile arrivare a una memoria condivisa, come ha dimostrato il clima teso creatosi sabato sera nella sala conferenze del museo civico di Palazzo Carlotti, dove Lorenzo Rocca, docente di Storia delle comunicazioni all’Università di Verona, ha tenuto una conferenza sul tema, davanti a una sala stipata di pubblico, tra cui erano presenti moltissimi membri dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd), alcuni caprinesi, altri veronesi, altri arrivati da fuori provincia. Tra le file c’erano Anna Maria Briani presidente del comitato provinciale di Verona dell’ Anvgd e Anna Rismondi, delegato per i contatti con le scuole dell’Anvgd, il sindaco Stefano Sandri, Flavio Leardini consigliere di opposizione, la cui madre, Maria Pedicchio, 77 anni, originaria di Rovigno d’Istria, ha vissuto in prima persona l’esperienza dell’esilio. Accesissimo il dibattito. Mentre il professor Rocca ha proposto una relazione basata su «una visione tesa a considerare i diversi fattori storici, sociali, ideologici e istituzionali che spiegano il dramma delle foibe», i componenti dell’Anvgd, come Rismondo, non hanno condiviso la sua impostazione: «Invece di parlare del dramma di chi ha vissuto tale terribile esperienza si è soprattutto teso a risalire ai prodromi, cioè ai preludi di questo dramma, in un’atmosfera caratterizzata da un certo giustificazionismo». Rocca ha ribadito: «Non c’è giustificazionismo, ma necessità di confronto per trovare valori comuni su cui va fondata una memoria condivisa. Le migliaia di profughi e le migliaia di infoibati devono entrare a far parte della nostra coscienza nazionale». «L’incontro», ha detto Vasco Senatore Gondola, responsabile dell’ Istituzione biblioteca museo che ha organizzato la conferenza, «ha reso evidente la gravità di un problema oggettivo e di cui era nostro intento parlare e far parlare. Ci siamo riusciti». Anzi. Se ne parlerà ancora. Come ha chiesto Luigi D’Agostino, dell’ Anvgd, di Marghera, arrivato all’incontro con Nidia Cernecca di Verona e Dante Martinelli di Caprino, pure loro della Anvgd. «Venerdì 10 febbraio si celebra in Italia il Giorno del ricordo», è intervenuto il sindaco, «a memoria proprio delle vittime delle foibe e degli esuli giuliano dalmati. L’intento di questa serata, per la prima volta a Caprino, era di sensibilizzare le coscienze sulla tragedia vissuta direttamente da molte famiglie italiane sul finire della seconda guerra mondiale. L’insegnamento che ne dobbiamo trarre è di coltivare la speranza che non vi siano più guerre, genocidi e stermini. Come è stato preannunciato ai rappresentanti locali dell’Anvgd, l’amministrazione intende dedicare una via di Caprino alle vittime delle foibe. I tempi saranno quelli necessari ad individuare l’area e poi la via precisa. Dato l’interesse suscitato dal tema, un’altra serata sarà dedicata ad ascoltare le testimonianze dirette di chi ha vissuto tale tragedia». Leardini ha commentato: «Credo che ciò che più ha umiliato questi profughi è stato l’essere stati condannati per 50 anni alla negazione della memoria. Il latini la chiamavano damnatio memoriae, era una pena più grave della condanna a morte. Era una esilio che condannava anche a non esistere più per sempre, in nessun documento e in nessun atto della comunità. È quanto è successo a questa gente». Leardini è giunto all’incontro con la madre: «Lasciò tutto a Rovigno. La sua fortuna, rispetto ad altri, fu che suo padre era direttore didattico per cui il suo esilio fu considerato un trasferimento e in Italia mantenne il lavoro. Venne a Verona con la famiglia nel 1947 e si sposò a Caprino». Francesca Briani, ricordando la madre Anna Maria Woloschin, di Fiume, giunta in Italia nel febbraio del 1946, ha detto: «Venne qui salendo su un camion e lasciando tutto. Per restare italiani abbiamo rinunciato alla nostra identità, alla nostra cultura e anche ai nostri beni, perché la sconfitta dell’Italia durante la seconda guerra mondiale è gravata per la maggior parte proprio sugli istriani e i dalmati che così hanno pagato i danni della guerra».

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