domenica, Aprile 28, 2024
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La Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito si occuperà presto dell’F15 che nel 1999 sganciò i suoi ordigni nel Garda

Bombe nel lago, ora indaga Roma

«Vogliamo chiamare in commissione il pilota. Così sapremo esattamente cosa è finito nel lago di Garda». La senatrice veronese di Rifondazione comunista, Tiziana Valpiana, fa parte della commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito che, con i poteri della magistratura, indaga sui 530 casi di morti sospette di militari italiani impegnati nelle missioni di «keep peacing», da quella in Kosovo in poi. Il bombaridere F15 della Nato tornava proprio dal Kosovo il 16 aprile 1999 quando, a causa di un incidente in corso all’aeroporto di Aviano, venne dirottato verso la pista di Ghedi, per raggiungere la quale fu costretto a sganciare il suo carico al largo del lago di Garda. Sulla natura di quel carico, che non è stato ritrovato nonostante le lunghe e costose ricerche effettuate da Esercito e Marina militare, si torna ora ad indagare.Riprende la senatrice Valpiana: «All’epoca, per sicurezza, fu imposto il fermo pesca su tutto il lago e mi battei per ottenere, come del resto avvenne, il risarcimento anche per i pescatori della sponda scaligera. In realtà per fortuna, anche se fossero finiti sul fondo del lago ordigni con uranio impoverito il loro pericolo verrebbe vanificato proprio dall’acqua, perché l’effetto tossico e cancerogeno si verifica a contatto con il calore. Tuttavia è importante ricostruire anche quell’episodio nell’ambito di un’inchiesta che ha per scopo primario quello di stabilire se esiste un nesso di causa effetto tra l’esposizione all’uranio impoverito e l’insorgere di malattie spesso mortali, tra cui il linfoma di Hodgkin».L’incidente avvenne verso le 12,45 del 16 aprile. Molti abitanti di Toscolano Maderno videro un aereo volare basso, a non più di 800 metri di altezza, e sganciare sei bombe a guida laser a centro lago, tra Punta San Vigilio e la costa bresciana. Lo stesso bombardiere aveva sganciato i due serbatoi sui monti di Asiago. Il procuratore capo di Brescia, Giancarlo Tarquini, avviando l’indagine per la ricerca degli ordigni, scriveva: «In relazione al tipo di bombe sganciate dall’F15, sussiste la possibilità, più o meno concreta, della rottura del contenitore detto “canister” all’impatto con l’acqua, e della presenza nelle acque del Garda di numerose “bomblet” che possono essersi armate sulla base di una semplice rotazione». Da allora ad oggi sull’effettiva presenza di questi piccoli ordigni devastanti quanto una mina antiuomo, contenuti in bombe più grandi, non si è riusciti ad avere certezza.

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