È stato stimato in 105 milioni di euro l’investimento per gli aggiornamenti tecnologici del complesso collettori-impianto di depurazione integrato con le reti comuni del bacino del lago di Garda. La gestione del ciclo integrato dell’acqua dei comuni rivieraschi veronesi e di quelli dell’area Garda-Baldo della zona dell’Adige è stata affidata, per un periodo trentennale, all’Azienda gardesana servizi spa. Un passaggio voluto dall’Autorità d’ambito veronese per eliminare l’eccessiva frammentazione degli enti gestori degli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione e garantire maggiori livelli di qualità ed economicità dei servizi erogati nell’intero bacino benacense. Prospettive al centro di un primo convegno interregionale, promosso dall’Ags in collaborazione con Garda Uno e patrocinato dal ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, dalle regioni Veneto e Lombardia, dalle province di Verona e Brescia e dal comune di Garda. Un’occasione di confronto a livello interregionale che ha visto presenti al palazzo dei Congressi di Garda, studiosi, amministratori pubblici e politici per riflettere sui risultati raggiunti e sulle prospettive a trent’anni dalle prime iniziative dei Consorzi del lago di Garda a tutela delle acque benacensi. Dopo il saluto del sindaco Davide Bendinelli c’è stata la relazione di Vittorino Zanetti, presidente dell’Ags Spa, che ha chiesto alle comunità e ai sindaci uno sforzo culturale con l’ottica di ottenere un’unica gestione per tutto il lago con un’Autorità d’ambito territoriale (Aato) a livello interregionale. Tema, quest’ultimo, affrontato dall’assessore regionale ai Lavori pubblici del Veneto Massimo Giorgetti, deciso a cercare un nuovo modello, qualora fosse impraticabile la strada dell’Aato interregionale. Giorgetti ha proposto che il sistema del lago di Garda, «in quanto risorsa economica non solo interregionale», diventi nazionale ed europea, «evitando così», ha detto, «che l’intera spesa ricada esclusivamente sui cittadini gardesani e veronesi». Il senatore e sindaco di Peschiera Umberto Chincarini nell’evidenziare il rapporto con l’altra sponda, quella lombarda, ha ricordato che il depuratore è un problema di tutti, non solo di Peschiera. Inoltre ha sottolineato come il lago di Garda debba diventare patrimonio dell’umanità e continuare a essere una risorsa anche per il futuro. Pietro Robbi, presidente dell’Aato veronese, ha posto l’accento su un tema di non semplice soluzione: l’autorità che deve gestire il flusso delle acque nella sua interezza, mentre Gianfranco Comincioli, presidente Garda Uno bresciano ha riferito della collaborazione che esiste con l’Ags veronese. Il sottosegretario alle riforme e devoluzione Aldo Brancher spera di trovare unitariamente una soluzione. In che modo? «Creando un tavolo permanente e pensando al problema del reperimento dei fondi in forma globale», ha detto il sottosegretario. «Bisogna considerare l’Europa come possibilità di attingere ad alcuni fondi e trovare l’aiuto delle due regioni Lombardia, Veneto e della provincia autonoma di Trento, non escludendo l’aiuto del ministero delle Infrastrutture e dell’Ambiente: puntare cioè su più possibili interlocutori, considerato che il denaro necessario al momento non c’è». Nell’analizzare il sistema di collettamento e di depurazione delle acque reflue del Garda Gabriele Scaltriti, docente dell’Università di Padova ha concluso: «Soltanto una volta sottoposto agli aggiornamenti tecnologici programmati e progettati e integrato con le reti comunali, anch’esse sottoposte agli interventi necessari per eliminare le criticità, il complesso collettori principali-impianto di depurazione, sarà in grado di minimizzare l’impatto ambientale sulle acque sia del lago sia del recettore finale». Il raggiungimento dell’obiettivo, oltre a richiedere tempi lunghi prevede un investimento importante. Intervenendo sull’evoluzione delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche del lago di Garda, Nico Salmaso, dell’Università di Padova, ha sottolineato come il lago di Garda, a partire dagli anni Ottanta ha mostrato un lento ma costante aumento della concentrazione di fosforo. Una situazione determinata da apporti eccessivi dal bacino imbrifero. Di quila necessità di individuare le principali fonti di provenienza del nutriente per fare una corretta quantificazione dei carichi e programmare una riduzione delle immissioni. Problematiche quelle del lago sottolineate anche da Chiara Defrancesco dell’Agenzia provinciale trentina per la protezione dell’ambiente: «Ogni segnale di “allarme”», ha precisato, «non può che essere preso in seria considerazione, anche in relazione al lunghissimo tempo di ricambio delle acque del lago, stimato in 27 anni».
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Al primo convegno interregionale è stata sottolineata la necessità di dar vita a un’unica gestione. Sono necessari per potenziare i collettori, le fognature e il depuratore