domenica, Gennaio 19, 2025
HomeCulturaStoriaTutti in colonia contro la perfida Albione
Le colonie elioterapiche «Carteri» di Borghetto furono aperte nel 1936 per migliorare la «razza italica e fascista».

Tutti in colonia contro la perfida Albione

Amarcord valeggiano. Molte cose vi sarebbero da raccontare sulle Colonie elioterapiche (terapia del sole) «Plinio Carteri» di Borghetto, aperte sulle rive del Mincio l’anno 1936. Lo scopo era di «migliorare la razza» garantendo ai ragazzini la possibilità di praticare nel periodo estivo (luglio e agosto) una vita sana e all’aria aperta: bagni di sole e nella piscina, giochi educativi ed attività varie. L’ammissione alle Colonie avveniva colla visita medica del dottor Agide Del Bue e la vaccinazione antitifica per via della temutissima iniezione, ossia la puntura nell’ambulatorio comunale di vicolo Napoleone (Palazzo Guarienti). L’assistente Agnoletto (nessuna relazione con Genova e il G8) in camice bianco, garantiva ai bambini timidi che l’iniezione sarebbe stata leggera come «el becon d’un pulzo». La giornata alle colonie aveva inizio coll’adunata in piazza Carlo Alberto a Valeggio alle 8 del mattino; poi in fila i ragazzini scendevano i brevi gironi dei giardini, e alle 8 e mezzo erano già coloni pronti per l’alza bandiera. La Libera (superdonna alle cucine) aveva, intanto, già scodellato il latte con un po’ di cacao e il relativo panino nel refettorio. Al «Buon appetito» della signora Direttrice, i bimbi rispondevano «Grazie al Duce». Quasi un’educazione paramilitare governata a suon di fischietto. Dopo pranzo i bambini riposavano nelle camerate (distinti dalle bambine) su semplici brandine sotto l’occhio attento delle vigilatrici. Niente schiamazzi dopo il silenzio. Taluna di queste vigilatrici, poi, alla sera doveva raggiungere l’Arena di Verona per assistere all’opera, e pertanto, prima di recarsi alla stazione del Borghetto e salire sulla littorina della vicinissima ferrovia «Mantova-Peschiera» invitavano i ragazzi a pregare il buon Dio che non venisse a piovere! Negli Anni Quaranta, in pieno conflitto contro l’Inghilterra, furoreggiò come saggio un inno di Vincenzo Monti contro la «perfida Albione»; musicato a tempo di marcia per pianoforte e tamburo dal violinista Marforio di Valeggio. Ecco il sonetto del Monti, come figura nelle «Poesie» dell’edizione Utet: Titolo: «Contro l’Inghilterra»: «… Fucina di delitti, in cui si serra / tutto d’Europa il danno ed il cordoglio, / tempo verrà che abbasserai l’orgoglio / se stanco alfin pur Dio non ti sotterra. / La man che tempra dei Latini il fato / ti scomporrà le trecce, e fia che chiuda / questo di sangue umano empio mercato. / Pace avrà il mondo: e tu, feroce e cruda / del mar tiranna, all’amo abbandonato / farai ritorno pescatrice ignuda». Ed ecco un esempio di «atto eroico» o quasi, in linea col feroce inno. Nell’avvicinarsi di un brutto temporale che rumoreggiava minaccioso, una valeggiana in bicicletta giunse trafelata giù a Borghetto a prendere, impaurita, suo figlio. Presentatasi alla porta carraia, venne bloccata dai balilla di guardia, che non vollero farla entrare per ordini superiori e per questo colla baionetta innestata le bucarono la ruota.

Articoli Correlati

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

In Evidenza

Dello stesso argomento

Ultime notizie

Ultimi Video