Il sito archeologico di San Martino faceva parte di un’enclave bizantina in terra gota e poi longobarda, l’enclave più a nord finora conosciuta. Non era un’ isola etnica unica in un mare di omogeneità, semmai rappresentava un’area di civiltà romana orientale in un tessuto a macchia di leopardo, dove si frammischiavano zone gote con longobarde e aree a resistenza romana, o meglio bizantina. La ipotesi storica non è frutto di fantasia, ma di una ricostruzione basata su alcuni reperti, venuti alla luce durante la campagna di scavi nel sito posto a cavallo tra il territorio di Riva e quello di Tenno, finora addebitato esclusivamente alla civiltà romana o post-retica.Insomma, novità di portata eccezionale. Proprio la scorsa campagna aveva messo in evidenza una”novità” di tipo cronologico, il fatto che San Martino andava retrodato di 500 anni, rispetto al IV-V secolo dopo Cristo con cui la si accreditava. Mezzo millennio non è poco in campo protostorico, dove si tratta di passare da una civiltà importata da Roma e legata al caput mundi a una civiltà indigena: questa campagna di scavo a sua volta sta dicendo cose interessanti sul completamento dei”secoli bui” della protostoria, dopo Roma.Attualmente gli archeologi sono impegnati su 2 fronti, quello degli Spiazzi Primi, con l’archeologa Granita Achillini e il settore della chiesa cristiana con l’archeologo Giorgio Bernardi. A metà strada sono venute alla luce varie tracce di una costruzione sicuramente successiva all’età romana (VII sec.) Finora lo scavo ha riservato più di una”sorpresa”, in quanto sono affiorati oggetti metallici che sicuramente aiuteranno a datare il sito. Inoltre è venuta alla luce una moneta di Bisanzio, dell’imperatore Eraclio (610-641 dopo Cristo):”Il ritrovamento, finora quasi unico in regione, allinea il sito ad alcune enclavi bizantine, Oderzo, il lago di Como, la Laguna, dove la civiltà di Bisanzio fiorì nonostante fosse circondata dai Goti e poi dai Longobardi, tra il VI e VII secolo, che sono i secoli più bui dell’archeologia trentina!”, ricorda il direttore dell’Ufficio Beni Archeologici Gianni Ciurletti. Naturalmente sarà da approfondire. Certo che la datazione dell’area, insieme con l’esatta conformazione, rimane il problema principale che la campagna di scavo attuale dovrà risolvere.”Grazie all’indagine della serie di edifici a monte della chiesa paleocristiana di San Martino, si cercherà di determinare alcune coordinate spaziali e temporali”, ricorda l’archeologa Cristina Bassi. Quindi più attenzione all’insieme del sito, rispetto al singolo reperto, questa la nuova filosofia. Gli scavi si svolgono sotto la competenza della Cooperativa archeologica coordinata da Giovanni Bellosi, con la presenza di una ventina di studenti delle Università di Trento, Padova e Bologna; sempre comunque con la supervisione degli archeologi della Provincia Bassi e Zamboni. Lo stesso direttore Gianni Ciurletti, segue passo per passo l’evoluzione dello scavo. La campagna 2001, che durerà fino alla fine di agosto, è stata visitata ieri dagli amministratori di Riva e Tenno, guidati dagli archeologi e dai docenti universitari che fan no corsi su San Martino, come il preside della facoltà di Lettere prof. Varanini.
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La campagna di scavi sta illuminando uno dei periodi più bui della storia trentina
San Martino, enclave bizantina in terra gota e longobarda
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