Inaugurato in grande stile nell’estate del 1889, l’ultima corsa la fece la sera del 30 aprile 1959, salutato con commozione e già un pizzico di nostalgia da tante persone che lo guardarono passare da ogni stazione, da Parona a Santa Maria di Negrar, da San Pietro in Cariano fino a Sega e Costermano. Anche in quell’ultima occasione, che segnò nella coscienza dei presenti la fine di un’epoca, erano affollate di gente d’ogni età le carrozze del trenino che ogni giorno partiva da Verona e raggiungeva il capolinea all’hotel Terminus di Garda. Per circa settant’anni la cosiddetta «Verona-Caprino» rappresentò infatti l’unico mezzo pubblico di collegamento tra la città, la campagna circostante e il lago, utilizzato da lavoratori pendolari, studenti, donne e anziani che non avevano né patente né automobile, privilegio ancora di pochi facoltosi. Nell’animo della gente comune e dei moderni automobilisti sempre più alla ricerca del tempo perduto si fa largo così la nostalgia di quel mitico trenino, sulle cui carrozze si poteva viaggiare in modo sicuro e veloce verso la città o il lago. A seconda delle tasche di ognuno c’era la prima, la seconda e la terza classe, e un viaggio di piacere non era negato più a nessuno. Nel 1889 partì la prima linea parziale del percorso, che non arrivava ancora fino a Garda, mentre dal 1904 in modo ufficiale fu messo in funzione il collegamento che raggiungeva anche il versante gardesano. Voluto e sostenuto da un comitato promotore che al suo interno contava anche alcuni primi cittadini, come anche dal ministero della Guerra, il trenino della Verona-Caprino utilizzò prima locomotive a vapore e poi le automotrici a nafta, entrate in funzione per il trasporto dei passeggeri dal 1948. Un’ora e un quarto era il tempo necessario per raggiungere Garda da Verona. Un tempo che non prevedeva code né rallentamenti. Dove prima passavano i binari del trenino, è stata realizzata una stradale di competenza provinciale trafficata e problematica, che attraversa uno dopo l’altro i paesi della Valpolicella. Gli ingorghi e le code sono all’ordine del giorno e la strada è finita al centro di incontri sempre più frequenti tra i rappresentanti politici delle comunità valpolicellesi e gli amministratori provinciali al fine di trovare soluzioni concrete al problema viabilità. Senza contare le abitazioni che sono sorte negli anni lungo il percorso dell’ex ferrovia e che hanno visto crescere di molto gli abitanti della Valpolicella. Il giornalista veronese Giuseppe Silvestri, grande amante della sua terra, si batté dal 1954 fino alla sua morte, nel 1960, prima contro la soppressione della linea ferroviaria, poi contro il monotono «squallore» dell’edilizia che sorgeva in Valpolicella, denunciando invano il pericolo che, fatta la strada sull’ex ferrovia, le si affiancasse una periferia indistinta di case, da Parona a Sant’Ambrogio. Proprio quello che sta capitando.
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